La protesta delle superiori Ora si va avanti a oltranza

Quaranta turni di lezioni ‘dimostrative’ in presenza organizzate in piazza Nenni. Dodici i professori dei licei che si alterneranno davanti al teatro Masini

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Talmente vivi: la protesta degli studenti delle scuole superiori della città ha ormai luogo a oltranza, sei giorni alla settimana, per tutta la mattinata o quasi. L’obiettivo è chiaro, definito da mesi: aprire definitivamente le scuole e chiudere i conti con la dad.

Sono quasi quaranta i turni di lezione che docenti e professori dei vari licei della città hanno calendarizzato in piazza Nenni: sostanzialmente è come se l’intero liceo Torricelli-Ballardini avesse spostato la sua sede sul pavé antistante il teatro Masini (pure quello chiuso da tempo ormai immemore). Da mesi, con ripetute manifestazioni, studenti e professori hanno denunciato la natura perversa della didattica a distanza e le sue nefaste conseguenze: il mancato apprendimento, l’isolamento degli adolescenti dal mondo esterno, la perdita di capacità di concentrazione e relazionali, i disturbi alimentari, l’abbandono scolastico, ancora più grave in un contesto in cui gli stimoli culturali sono stati sostanzialmente azzerati (cinema, teatri e musei sono inaccessibili, così come la biblioteca, dove è possibile solo chiedere libri in prestito su prenotazione). Sono dodici i professori impegnati a succedersi l’un l’altro durante i cicli di lezioni all’aperto: una parte minoritaria sul totale dei docenti – come è stato più volte lamentato – ma che si è dimostrata non disposta ad arrendersi alla didattica a distanza.

La riapertura delle scuole che gli studenti chiedono a gran voce non è però quella "à la carte" entrata in vigore da poche ore nelle scuole elementari e nelle prime medie. Docenti e ragazzi hanno più volte scandito i requisiti fondamentali per poter seguire le lezioni in classe in piena sicurezza, traducibili con il tracciamento di eventuali casi di positività e la possibilità per gli studenti di accedere ai tamponi in modo puntuale. Finora pura fantascienza, tant’è che un eventuale promozione dell’Emilia Romagna in fascia arancione comporterebbe il ritorno sui banchi solo del 50% degli alunni.

L’orizzonte, anche dinanzi a un ritorno in classe, è comunque fosco, tanto che per molti l’anno scolastico 2020-2021 non merita ormai altro che un requiem: il timore è che le effettive lezioni vengano compresse in poco più di un mese, per poi dare il via a una corsa all’assegnazione dei voti, tramite verifiche e interrogazioni serrate, che i più coscienziosi tra i docenti hanno già paventato quale pericolosa per ragazzi già psicologicamente molto provati.

Filippo Donati