La storia del ’giusto’ Rampi in un libro per ragazzi

Di origine faentine, salvò con la moglie una coppia di ebrei dalla deportazione. A lui era stata dedicata l’ultima giornata della Memoria in città

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C’è anche un elemento di faentinità nelle vicende raccontate nel libro per ragazzi ‘Sotto falso nome’, scritto dallo storico Frediano Sessi per Einaudi. La famiglia di origine ebraiche protagonista del salvataggio documentato nel libro con dovizia di particolari, quella dei Gizelt e dei Frankl, riuscì infatti a scampare alle persecuzioni razziali grazie al faentino Francesco Rampi, a quel tempo residente a Mantova da molti anni.

La storia di Rampi è riemersa negli ultimi anni anche grazie all’inclusione di Rampi nell’elenco dell’associazione ’Giardino dei giusti’, riconosciuta dalla comunità ebraica. E si spera che nel prossimo futuro possa essere inserito nell’elenco ufficiale dei ’Giusti fra le nazioni’ del museo Yad Vashem di Gerusalemme, che include i non-ebrei che hanno agito in modo eroico – e correndo grossi rischi – per salvare anche un solo ebreo dalla Shoah senza altri interessi personali.

La storia di Rampi è stata al centro dell’ultima giornata della Memoria a Faenza. Il libro racconta nel dettaglio la sua vicenda.

Francesco Rampi, così come il figlio Paolo e il nipote Gabriele, fa parte della stessa famiglia in cui vide la luce Teresa Rampi, monaca cui è intitolata la piazza in cui ha sede l’anagrafe, un tempo casa del convento delle clarisse, poi spostatosi nella sede di via della Croce, dalla quale le suore se ne sono da poco andate.

Nel momento in cui Liselotte Gizelt, istriana, e suo marito Robert Frankl, di origine austriaca, chiesero aiuto a sua moglie Luisa Ungar, fu infatti quest’ultima, insieme al marito Francesco – allora mandato alle armi in Sardegna – a suggerire che i due potessero prendere momentaneamente la loro identità, nascondersi nella loro casa di Mantova, e procurarsi generi alimentari servendosi delle tessere annonarie di Rampi e della moglie. "Lo stratagemma riuscì anche grazie alla collaborazione delle famiglie del vicinato", puntualizza Paolo Rampi, "che finsero di non vedere come l’uomo che aveva momentaneamente preso l’identità di mio padre fosse in realtà un’altra persona, qualcuno che evidentemente aveva buone ragioni per nascondersi". Robert Frankl, Liselotte Gizelt, insieme ai genitori e il fratello di quest’ultima, riuscirono a rimanere nascosti fino al termine della guerra: si salvarono.

Dopo le ostilità tornarono in Istria: "la loro famiglia e la mia hanno continuato a frequentarsi regolarmente", confida Paolo Rampi, "fino a che purtroppo Robert e Liselotte morirono in rapida successione, nel ‘56 e nel ‘59. Avevano avuto una bambina nel ‘46: i miei genitori avrebbero desiderato adottarla, ma un parente residente negli Stati Uniti preferì portarla con sé. Il legame mio e di mia sorella con quella bambina, Susy Frankl, non si è mai reciso. Ancora oggi ci sentiamo e ci vediamo ogni volta se ne presenta l’occasione. Una decina di anni fa abbiamo deciso che era tempo che tutti conoscessero la storia del salvataggio di quella famiglia".

Francesco Rampi, che aveva lasciato Faenza intorno ai vent’anni, continuò a frequentare la città periodicamente, anche insieme al figlio, ancora per molti anni: ad esempio per acquistare del vino albana da un produttore di Celle cui era particolarmente fedele.

A Mantova, in viale Gorizia 6 dove sorgeva la loro casa, verrà collocata una lapide che ricorda la famiglia Rampi.

Filippo Donati