La strage di Madonna dell’Albero Nessun colpevole per 56 morti

Domani il ricordo del massacro, costato la vita a decine di civili, fra cui 18 donne e 16 bambini. Il fascicolo venne occultato nell’armadio della vergogna di Roma, ritardando così fatalmente le indagini

Fu la più sanguinosa delle stragi (e furono veramente tante nella nostra provincia, e per un numero complessivo di vittime pari a 169, un numero impressionante di cui si è persa ogni consapevolezza) commesse dalle SS e dalla Wermacht nella nostra provincia. E fu commessa durante la ritirata dopo un conflitto a fuoco fra tedeschi e Alleati e partigiani in cui morì un militare della Wermacht. È la strage del 27 novembre 1944 di Villa dell’Albero, come si denominava all’epoca l’odierna Madonna dell’Albero, dove i morti furono 56, di cui 16 fra bambini e ragazzi e 18 donne. Una strage, al pari di tantissime altre nel nostro Paese, volutamente dimenticata dalla giustizia del dopoguerra: il relativo fascicolo, contraddistinto dal numero 30 e contenente, oltre ad altri documenti, il rapporto del britannico Sib (Special Investigation Branch), fu trovato infatti nel 1994 fra i 695 dossier nascosti nell’ ‘armadio della vergogna’, l’armadio con le ante rivolte al muro, nei corridoi della Procura militare di Roma.

Vano fu il tentativo, della Procura militare de La Spezia (competente per il nostro territorio) di recuperare il tempo perso: nulla si è potuto fare per giungere all’individuazione e all’incriminazione dei responsabili pur sapendo che ad operare furono i militari della 114a Divisione del 721° Reggimento Cacciatori (Jager), comandata da un tal colonnello Berger. Proprio sulla ricostruzione della tragica vicenda da un punto di vista storico-giudiziario ha lavorato a fondo la ravennate Enrica Cavina che nel 2004 ha pubblicato il saggio ‘Fra storia e ricordo: 27 novembre 1944. La strage di Madonna dell’Albero’, senza dimenticare le ricerche compiute negli anni 90 da Enzo Tramontani. Una strage compiuta in successione in quattro luoghi diversi lungo l’odierna via 56 Martiri, ma che all’epoca aveva nome di via Nuova: Borghetto, casa Chiari, casa Ricci, casa Gambi, con i militari della ‘Jager Division’ che procedevano da monte verso la città rastrellando le abitazioni. Riunivano le persone e i bambini che vi si trovavano e li falciavano con mitragliatrice e mitra. Poi il tentativo di nascondere i corpi, seppellendoli alla meglio anche sotto il letame. Ci fu un testimone, Mario Mazzotti. Era stato portato dai militari in un capanno agricolo con altre 16 persone. La sua testimonianza resa al Sib il 15 maggio ’45 è agghiacciante: "Quando tutti furono dentro, Adelmo Corbari urla ‘Guardate stanno preparando una mitragliatrice là fuori’. Mi precipitai al muro di canne e fra le fessure vidi uno dei soldati che alzava la mitragliatrice puntandola contro la capanna. Sapevo che c’era un barile interrato nell’angolo e mi buttai dentro. Pochi istanti e sento tre raffiche, sento Giuseppe che grida disperatamente". Cadendo a terra trafitti dai proiettili, i corpi coprirono l’imboccatura della botte e Mazzotti sfuggì all’esecuzione operata subito dopo dai militari nei confronti di chi era ancora in vita. Riuscì poi a guadagnare le linee degli Alleati e raccontò il massacro a due ufficiali inglesi. Il 3 dicembre furono scoperti 14 corpi seppelliti vicino alla casa di Pietro Gambi. Il giorno dopo altri 16 corpi e via via gli altri, in totale 56 persone. Che nella zona di Villa dell’Albero operasse la ‘Jager Division’ fu accertato anche in base alle testimonianze dei civili; la divisione era stata costituita e addestrata proprio per operazioni di rastrellamento e ‘pulizia’ del territorio.

Domani ci sarà la commemorazione: prenderà il via alle 10 alla scuola di Madonna dell’Albero, dalla quale partirà un corteo accompagnato dalla banda musicale cittadina diretto verso la parrocchia per un omaggio alla lapide di don Domenico Turci. Il corteo proseguirà poi alla volta del Sacrario dei 56 Martiri, con letture e riflessioni a cura dei bambini delle classi 5A delle scuole “Grande Albero” e 4A ,4B, 5A e 5B della “Gulminelli” di Ponte Nuovo.

c. r.