Laghetti abusivi per irrigare le albicocche, azienda a processo

Brisighella, le opere scoperte da agricoltori vicini: "Il rio Ebola si era seccato". La difesa: "L’amministratrice non lo sapeva"

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Il rio Ebola e il lago sottostante si erano prosciugati. Inoltre, durante l’estate, gli agricoltori della vallata sentivano forti rumori, "di trattori che lavoravano giorno e notte". Insospettiti, si erano avventurati tra boschi e calanchi al confine tra Brisighella e Modigliana, "luoghi talmente impervi che si arriva a fatica col fuoristrada", scoprendo che erano stati realizzati sbarramenti e due invasi artificiali che servivano a irrigare le coltivazioni di albicocche. Opere abusive in area demaniale, ai sensi della normativa di settore, per le quali ora è a processo l’amministratrice delegata dell’azienda Tre Terre, nome in ragione dei tre poderi che la compongono. I fatti contestati si riferiscono al podere Bicocca, coltivato a frutteto e risalgono al 2018.

Ieri, davanti al giudice Tommaso Paone, e rispondendo alle domande della viceprocuratrice Simona Bandini, ha ricostruito la genesi della vicenda il denunciante, il 73enne titolare dell’azienda a valle che per questo si sentì danneggiata: "In quella zona difficilmente raggiungibile andavo una volta ogni due anni, l’ultima era stata nel 2016. Ma già nel 2017 mi accorsi che a valle non c’era più acqua e il lago comunale era secco. Inoltre sentivo rumori di trattori che lavoravano giorno e notte". Insospettito, l’imprenditore andò a vedere: "Trovai due laghetti, un vero e proprio sistema di raccolta delle acque, invasi con tanto di teli di contenimento realizzati dopo uno sbancamento di rocce e la realizzazione di briglie. Un tubo risaliva a monte e portava l’acqua sugli albicoccheti con irrigazione goccia a goccia. Il rio era praticamente intubato, non c’era più il guado e lo stradello di servizio era diventato una strada". La segnalazione finì sui tavoli dei carabinieri forestali e portò all’apertura di un fascicolo.

La difesa, con l’avvocato Giordano Anconelli, ha rimarcato il fatto che quei lavori fossero stati effettuati a insaputa dell’imprenditrice, la quale si era poi subito attivata per ripristinare lo stato dei luoghi e sanare il sanabile. L’azienda Tre Terre incaricò così un architetto e un geologo. "Andammo a controllare il podere Bicocca – ha spiegato l’architetto Alberto Casaroli – e scoprimmo che quelle opere erano state realizzate senza le necessarie autorizzazioni, così avviammo le pratiche per le sanatorie e il ripristino dei luoghi". Ad oggi, infatti, i laghetti abusivi e le briglie artificiali non ci sono più, da settembre 2020 lo stato dei luoghi è stato ripristinato dalla stessa azienda agricola, sotto la sorveglianza dei tecnici degli enti pubblici. Restava una pratica paesaggistica, in quanto l’area era sotto il vincolo della Soprintendenza di Ravenna.

Se l’imprenditrice non ne era a conoscenza, chi fece quelle opere? "Di certo qualcuno dell’azienda", ha detto l’architetto. Con lui operò il geologo Matteo Ortelli, il quale ha spiegato che "dal punto di vista tecnico", ancorché illegittime poiché prive di autorizzazione, quelle opere erano "ben fatte e che tutti dovrebbero fare". Quegli invasi, insomma, non avrebbero procurato un danno paesaggistico, al contrario contribuivano a rallentare la velocità dell’acqua in caso di piena del rio. Sentenza a gennaio, ma reati in odore di prescrizione.

l. p.