L’anima nella punta dello sterno

I contadini romagnoli non avevano idea di come fosse fatta l’anima. In una visione del mondo tutta materiale, l’anima, ‘l’ânma’, era il seme della zucca, del cocomero, del melone e anche il nocciolo della pesca, dell’albicocca, della susina e così via. L’avevano localizzata anche nel corpo umano: la punta dello sterno era detta "l’ânma de pët", l’anima del petto. Un’anima che si pensava potesse cedere verso il basso prendendo il nome di "ânma cadùda", anima caduta, un malessere e anche una suggestione che faceva credere che l’anima, cioè lo sterno, fosse scesa in basso. Di qui la necessità di rivolgersi al possessore della virtù di "tirê só l’ânma", tirare su l’anima del petto, rimettendola a posto.