L’area Ortazzo Ortazzino La lottizzazione decisa nel 1964 Fu previsto un porto turistico

Soltanto il Pci si oppose alla delibera che prevedeva di cementificare per complessivi 4,5 milioni di metri cubi. L’accordo tra Comune e immobiliari includeva pure campi da golf.

L’area Ortazzo Ortazzino  La lottizzazione decisa nel 1964  Fu previsto un porto turistico
L’area Ortazzo Ortazzino La lottizzazione decisa nel 1964 Fu previsto un porto turistico

Fu a metà degli anni Sessanta (dopo il varo del Piano regolatore Quaroni avvenuto nel ‘62) che a Ravenna si determinarono le linee urbanistiche che hanno caratterizzato, o che avrebbero dovuto caratterizzare, lo sviluppo del litorale. Inquadrate nello scenario di un "turismo sempre più di qualità" le motivazioni contingenti del piano urbanistico e paesistico furono indicate nella ripresa dell’edilizia per incrementare l’occupazione e nella conservazione e implementazione della pineta. Nell’ottica di questo principio di "salvaguardia ambientale" (all’epoca infatti non c’erano normative di tutela delle pinete), nel 1964 il consiglio comunale approvò con la sola opposizione del Pci (la giunta era composta da Dc, Pri, Psi, Psiup e Psdi, in consiglio sedevano anche un liberale e un missino) la grande cementificazione di Lido Adriano, l’ampliamento di Marina Romea, la lottizzazione dell’Ortazzo con porto turistico per 1.500 natanti, l’espansione di Lido di Classe e di Lido di Savio (vale la pena evidenziare che i nomi di Lido di Classe e Lido Adriano erano stati assegnati già nel febbraio del ‘62, prima della nascita delle località). Era il tempo delle ‘grandi visioni’ (che, al di là delle affermazioni, stridevano duramente con l’asserita salvaguardia ambientale come è intesa oggi), che andavano oltre al comparto turistico e investivano anche il fronte industriale e infrastrutturale: fra le scelte di quel periodo, il canale navigabile fra Porto Corsini e Porto Garibaldi con partenza dalla pialassa Baiona e l’espansione della zona industriale verso il Reno.

Non c’era, all’epoca, la consapevolezza che lo sfrenato sviluppo del cemento (e di conseguenza la colonizzazione antropica a numeri immensi) fosse di per sé uno sfregio per l’ambiente, che pur raddoppiando i pini il saldo sarebbe stato comunque negativo. E non era solo un’impostazione politica, era proprio una visione ‘culturale’ diffusa così distante dalle sensibilità odierne: basti dire che anche anni dopo, era il dicembre del 1974, gli studenti degli istituti medi inferiori e superiori di Ravenna furono coinvolti con grande entusiasmo in un referendum indetto dalle due immobiliari proprietarie dell’Ortazzo-Ortazzino (le società Immobiliare Lido di Classe e Sant’Apollinare in Classe), per scegliere il nome del porto, con premi per un totale di un milione di lire. E fu scelto Porto Gaio. Per comprendere quei tempi niente di meglio allora che ripercorrere, in sintesi, le sedute dei consigli comunali che si snodarono fra il giugno e il dicembre del 1964. E’ nella seduta del 17 giugno che viene presentato, discusso e approvato il primo piano urbanistico e paesaggistico sui 32 chilometri della costa. A illustrarlo fu l’assessore socialdemocratico Ennio Ricci che parlò di "piano minimalista", inquadrandolo in un contesto storico temporale di "sociologia della prosperità" che "usa l’ambiente senza distruggerlo", sottolineando "il valore delle pinete San Vitale e di Classe, uniche pinete adriatiche esistenti che costituiscono connessione fra le pinete mediterranee e la foresta padana" e citando i ravennati che avevano contribuito a valorizzarle, dal sindaco "conte Gioacchino Rasponi al Podestà Andrea Cagnoni, all’ispettore principale forestale Luigi Benini". Ricci tratteggiò soprattutto le linee ‘paesistiche’ del piano che prevedevano fra l’altro il raddoppio della pineta con rimboschimento ad opera dei lottizzatori e la cessione al Comune di cento ettari di terreno (50 di pineta). "Con questo piano si impedisce agli insediamenti residenziali di contaminare o distruggere l’ambiente naturale", anzi si prevede l’implementazione degli alberi a cura dei privati, dichiarò l’assessore, ma il futuro fu ben diverso: a Lido Adriano palazzi costruiti sulla spiaggia, aree verdi devastate e non sempre ricostituite. Nel piano approvato il 17 giugno (votarono a favore la maggioranza di giunta Dc, Psi, Psiup, Pri e Psdi e anche il consigliere liberale, astenuto il consigliere missino, contrario il Pci) era compreso anche lo sviluppo dell’area industriale nei pressi della foce del Reno e la costruzione del canale navigabile per Porto Garibaldi. Vinceri del Pri e il vicesindaco Amadei, socialista, si soffermarono a inquadrare il piano quale "strumento per la ripresa dell’edilizia, altrimenti bloccata sul litorale".

Due sere dopo il consiglio approvò il primo piano di lottizzazione, quello relativo a Lido Adriano: 242 ettari per condomini, case e villette. A favore i partiti di giunta e il liberale, astenuto il Movimento sociale, contrario il Pci. Nella seduta del 17 dicembre 1964 venne discusso il piano di massima di lottizzazione dell’Ortazzo che avrebbe previsto fra l’altro edifici per 4,5 milioni di metri cubi, oltre al porto, a una larga strada di penetrazione, a una litoranea larga "come un’autostrada" e a campi da golf secondo la convenzione che fu poi firmata fra Comune e le due immobiliari proprietarie il 18 gennaio 1966. Unico partito contrarissimo e che sollevò accese critiche fu il Pci tanto che la seduta si protrasse fino alle tre di notte. Quando stavano iniziando i lavori per la lottizzazione e lo scavo del porto, le due immobiliari bandirono addirittura un referendum fra le scuole cittadine per il nome da attribuire al porto. E, fra i tanti nomi proposti dalle stesse immobiliari, prevalse Porto Gaio per il richiamo familiare a Giulio Cesare. Dieci studenti si divisero un milione di lire. Nel 1975 ci fu l’esposto del WWF contro la lottizzazione, poi il procedimento penale, la sentenza e il 22 febbraio del 1979 il consiglio comunale all’unanimità approvò la variante al Prg preparata dalla giunta Pci-Psi guidata dal sindaco Canosani con cui fu cancellata la convenzione di 13 anni prima. Decisione contro cui la proprietà fece vanamente ricorso: Tar e Consiglio di Stato valutarono la legittimità della decisione del Comune.

Carlo Raggi