"L’assoluzione da lettura parziale del caso"

La procura generale attraverso quattro motivi ha chiesto un quarto processo d’appello per l’ex infermiera Daniela Poggiali

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Non c’è stata una lettura "il più possibile asettica e completa, dei dati processuali". Ma una "interpretazione-valutazione" con una "lettura alterata, parziale e orientata".

La procura generale di Bologna, come annunciato all’indomani del deposito delle motivazioni, ha presentato ricorso contro l’assoluzione di Daniela Poggiali, la 49enne ex infermiera dell’ospedale di Lugo accusata dell’omicidio di una sua paziente con una iniezione di potassio, la 78enne Rosa Calderoni di Russi morta l’8 aprile del 2014. Per quanto accaduto, in primo grado l’imputata era stata condannata all’ergastolo. Poi era stata assolta nei due successivi appelli sconfessati da altrettante cassazioni. Il 25 ottobre scorso la 49enne era infine stata assolta, "perché il fatto non sussiste", nell’appello ter. E quindi con questo nuovo ricorso, la procura generale chiede un quarto appello per via di quelli che sono stati definiti "numerosi travisamenti dei dati di fatto".

Nella sintesi introduttiva dell’atto vengono proposte varie circostanze: la figlia della defunta era stata fatta uscire dalla stanza proprio dalla Poggiali prima dell’applicazione della terapia; i parametri vitali - frequenza cardiaca e pressione - della 78enne erano stati rilevati proprio dall’imputata e non da un medico. E lo studio usato dall’accusa per determinare il potassio in un campione di umor vitreo prelevato dalla defunta, è stato validato proprio per tale procedura al contrario di altri esaminati in dibattimento e testati solo su sangue e urine. Inoltre per il pg la corte bolognese "si è limitata a riassumere il complesso ragionamento della corte d’assise di Ravenna", l’unica sentenza rimasta in piedi dopo le bocciature degli Ermellini, "in pochi schematici richiami, sottraendosi così a quell’obbligo di motivazione rafforzata imposto dalla Cassazione".

Il ricorso, vergato dal pg Lucia Musti, è stato organizzato in quattro motivi principali a partire dalle ultime analisi eseguite sulla defunta e dalla validità del metodo scientifico usato per il calcolo del potassio: le prime avevano restituito una concentrazione di 4,31 e l’altro di 19. Si torna insomma al tema della possibile "sostituzione del campione di sangue", ipotesi "corroborata da vari indizi".

Sul fronte scientifico, per il pg non corrisponde al vero che il professor Tagliaro - consulente dell’accusa - avesse sconfessato il proprio metodo in un lavoro pubblicato nel 2020: "Un macroscopico travisamento". Il secondo motivo affonda in una possibile iniezione sub-letale, cioè in grado di avere effetti mortali solo su una paziente in condizioni già precarie: "L’ipotesi doveva essere verificata alla luce dei dati clinici evidenziati sulla 78enne". E invece "la motivazione della sentenza sul punto è apparente". Il terzo motivo punta all’attribuzione proprio alla Calderoni del deflussore recuperato tra i rifiuti e con potassio all’interno. L’ultimo motivo infine è dedicato alla perizia statistica che ha mostrato una "significativa e anomala sproporzione tra i tassi di mortalità associati alla Poggiali e quelli delle "altre infermiere": un lavoro "sbrigativamente accantonato".

Andrea Colombari