Le bollette lasceranno le chiese al freddo

Ogni parrocchia sta valutando come agire: "Qualcuna terrà il riscaldamento spento, altre lo accenderanno solo per le messe principali"

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Qualcuno vuole montare i pannelli solari, qualcuno già li ha e ha ordinato delle batterie per sfruttarli al massimo. In molti casi, però, la soluzione sarà probabilmente quella di tenere il riscaldamento spento. Preparate il giubbotto pesante per andare a messa quest’inverno, perché è probabile che le chiese saranno fredde. A stabilire come muoversi saranno le stesse parrocchie: la Diocesi infatti ha deciso di non definire una linea comune. "Ognuna vedrà come reagire con le possibilità e la struttura che ha – dice don Alberto Brunelli, vicario generale della Diocesi –. Ci sono grandi differenze in base alle dimensioni della chiesa, ai sistemi di riscaldamento e al numero di persone che partecipano alle funzioni. Ognuno farà come può. Qualche chiesa terrà il riscaldamento spento, altre lo accenderanno solo per le messe principali". C’è anche chi pensa ai pannelli solari: "Qualcuno già li ha, altri li vorrebbero mettere – prosegue don Brunelli –. Anche in questo caso occorre valutare il tipo di struttura. Ovviamente non si possono mettere i pannelli sulle chiese monumentali". Per pagare le bollette ogni parrocchia dovrà utilizzare le proprie risorse: "Durante il Covid la Cei ha devoluto una cifra proveniente dall’8xmille per far fronte alle minori entrate – aggiunge don Brunelli –, ora si dice che potrebbe arrivare un aiuto anche per le bollette. Si tratta, però, ancora di voci non ufficiali".

Le parrocchie intanto vivono alla giornata. "Tiriamo la cinghia e andiamo avanti – dice don Arienzo Colombo, parroco del Duomo –. Avevamo pensato di dire messa nella cappellina, più facile da riscaldare, ma temiamo che sia un po’ troppo piccola per tutti i fedeli. Non so ancora come faremo, andiamo avanti giorno per giorno". La Cattedrale del resto si scalda con una trentina di stufette a gas installate in alto, nel cornicione: una spesa non indifferente.

Strano a dirsi, nell’altra maxichiesa della città il problema non sussiste. A San Vitale infatti il riscaldamento non c’è e non c’è mai stato: "A parte che per scaldarla ci vorrebbe forse una centrale termonucleare – sorride il parroco, monsignor Rosino Gabbiadini – ma mi risulta che cambi repentini tra caldo e freddo diano fastidio ai mosaici. I parrocchiani raccontano, ma forse è una leggenda, che quarant’anni fa don Ugo a Natale mettesse in chiesa quei ’funghi’ che sono fuori dai bar. Ma era più scena che altro".

Una delle poche chiese che forse sarà al caldo, almeno nella seconda parte dell’inverno, è San Giuseppe Operaio, nell’ex quartiere Anic. Qui da 10 anni ci sono i pannelli solari sul tetto: "Li ha installati il mio predecessore, in modo lungimirante – racconta don Lorenzo Rossini – ma producono energia elettrica, mentre il riscaldamento è a gas. Pensiamo di sfruttare delle stufette elettriche negli ambienti parrocchiali, collegate ai pannelli: così siamo quasi autonomi". Il problema è che se è buio o nuvoloso i pannelli non producono energia. Per questo la parrocchia ha ordinato delle batterie, per accumularla e sfruttarla anche quando il sole non c’è: "Dovrebbero arrivare all’inizio del 2023" prosegue don Rossini, ma fino ad allora "è chiaro che tenere la chiesa al freddo non è il massimo, ma non ci si può fare nulla: i costi sono inimmaginabili. L’anno scorso a marzo, con i primi aumenti, siamo arrivati a 5.200 euro in un mese. E comunque se la chiesa è fredda pazienza, il vero problema è per le famiglie".

Anche la parrocchia di San Rocco vuole percorrere la strada dei pannelli fotovoltaici: "Ma la ditta non viene domani a montarli, ci vuole il suo tempo: impossibile che siano pronti per quest’inverno – dice don Pawel Wlodzimierz Szczepaniak –. Stiamo procedendo per il futuro. Per il resto nella chiesa c’è il riscaldamento a pavimento e ancora non so se abbassare la temperatura o lasciarlo del tutto spento". La parrocchia di San Rocco, dove c’è la mensa, tocca con mano le difficoltà delle famiglie: "Tutti i giorni mettiamo a tavola oltre 200 persone – aggiunge don Szczepaniak –, e sono in crescita".

Sara Servadei