Le lavoratrici Ata esultano "Ci spettano le 35 ore"

Il Tribunale dà (parzialmente) ragione a tre dipendenti dell’istituto Ginanni. Braccio di ferro con la scuola su turni e orari: riconosciuti gli straordinari

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Avevano chiesto la riduzione dell’orario di lavoro, da 36 a 35 ore settimanali, di cui avevano goduto negli anni precedenti. Ma il nuovo dirigente scolastico si era opposto, valutando che non sussistessero gli elementi previsti dal contratto nazionale. La vicenda è finita in Tribunale, dove il giudice Dario Bernardi ha dato ragione a tre lavoratrici Ata dell’istituto tecnico commerciale Ginanni, assistite dalla Flc Cgil e dall’avvocata Federica Moschini, e condannato il ministero dell’Istruzione a pagare le ore di straordinario lavorate nell’anno scolastico 20182019.

Il braccio di ferro conclusosi con la sentenza di martedì si giocava sull’interpretazione del contratto nazionale nella parte in cui questo riconosce il diritto alla riduzione dell’orario di lavoro da 36 a 35 ore. Perché ciò accada, la scuola deve essere aperta almeno dieci ore al giorno per almeno tre giorni alla settimana e i lavoratori devono svolgere il proprio lavoro su più turni, o essere coinvolti "in sistemi d’orario comportanti significative oscillazioni degli orari individuali, rispetto all’orario ordinario, finalizzati all’ampliamento dei servizi all’utenza eo comprendenti particolari gravosità".

Le tre lavoratrici avevano goduto, fino al 2018, della riduzione dell’orario di lavoro sulla base di questo presupposto. Ma, scrive il Tribunale, dall’anno scolastico 201819 "il nuovo dirigente scolastico dell’Istituto tecnico commerciale ’G. Ginanni’ di Ravenna, dott. Domenico Guarracino, ha ritenuto inapplicabile alle ricorrenti la riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali". Nel 201819 la turnazione non era tra i diversi giorni di una stessa settimana, ma tra le settimane all’interno di circa un bimestre (in realtà sette settimane). Mediamente le collaboratrici scolastiche lavoravano quattro settimane nel turno della mattina, due al pomeriggio e una nell’orario serale. Secondo il dirigente scolastico, e secondo il Ministero, il fatto che la turnazione si basasse su settimane all’interno di un bimestre e non tra giorni all’interno di settimane eliminava il diritto al taglio delle ore di lavoro.

Ma questa interpretazione è stata bocciata dal giudice, sotto diversi aspetti. La turnazione, secondo il giudice, c’è. Inoltre "nemmeno risulta possibile comprendere su quali basi (né sulla base di quali evidenze scientifiche) si possa affermare che svolgere una turnazione di orario ogni settimana ’non comporta alcuna gravosità’". Così come il fatto che la turnazione sia settimanale non significa che non ci sia alcuna "oscillazione dell’orario individuale".

Insomma, per l’anno scolastico 201819 il giudice ha dato ragione alle collaboratrici e condannato il ministero dell’Istruzione a pagare le ore di straordinario lavorate: 38 per ogni lavoratrice. A ciascuna di loro spettano 475 euro, per un totale di 1.425. Ricorrenti e Flc Cgil avevano fatto ricorso anche per l’anno 201920 (ma solo per due lavoratrici), ma qui il giudice ha stabilito che non spettano le 35 ore: i turni pomeridiani avevano frequenza sporadica, prim che l’anno venisse interrotto causa Covid.

La segretaria della Flc Cgil, Marcella D’Angelo, è comunque soddisfatta: "La sentenza ci consegna una grande vittoria fondata sulla legittimità dell’applicazione del diritto del lavoro previsto dal contratto collettivo nazionale e dell’applicazione dello stesso – il suo commento –. Il giudice ha rigettato le errate interpretazioni della norma da parte del dirigente del Ginanni e del Ministero. Il diritto del personale Ata di svolgere il proprio orario di lavoro su 35 ore settimanali anziché 36 non deve essere minimizzato riconducendolo a una semplice riduzione di un’ora alla settimana, ma va inserito nel contesto lavorativo e nelle mansioni svolte. I turni di lavoro e la gravosità degli stessi sono elementi indiscussi per far sì che la macchina della scuola pubblica lavori in efficienza".

Riccardo Rimondi