Le tante difficoltà degli studenti fuori sede

Anche Ravenna, al pari delle altre città romagnole è polo universitario con diverse facoltà: ingegneria, medicina, beni culturali, giurisprudenza, e dipende dalla sede centrale di Bologna. Poiché gli studenti provengono da varie parti d’Italia, ho creduto opportuno, scovandoli a Palazzo Corradini, sede di una biblioteca ma anche di aule didattiche, intervistarne qualcuno e porre precise domande. Sulla opzione della facoltà dei Beni culturali, mi hanno risposto che la scelta di Ravenna è stata motivata dal fatto che qui vi sono corsi che altrove non si trovano, come chimica dei materiali e tecniche del restauro, ma anche discipline relative alla comunicazione e valorizzazione del patrimonio culturale. Questo è quanto riferito da Elettra di Caserta, da Roberto di Palermo che ha fatto pure la triennale a Pisa, da Flavia e Barbara ragazze abruzzesi. Quindi è stata scelta Ravenna per il percorso accattivante, come sostiene anche Matteo di Venezia, soddisfatto del suo corso di studi.

Ma paiono tutti concordi nel sostenere che Ravenna non è sempre ospitale come si aspettavano, almeno rispetto ad altri luoghi, e le offerte per i giovani, soprattutto nei mesi invernali, sono ridotte. Con la schiettezza tipicamente giovanile denunciano il fatto che manca un vero campus centrale, una mensa adeguata, per cui non pare ancora sviluppata come città universitaria vera e propria. E questo è il parere anche di Emanuele di Andria e di Marco di Rimini, studenti di Medicina. Questi giovani proporrebbero un club del libro per letture anche collettive, cineforum e luoghi d’incontro anche ricreativi. Le dolenti note si avvertono soprattutto quando parlano della mancanza di posti letto e degli affitti piuttosto cari, anche se se c’è chi, per mantenersi agli studi, lavora per qualche nei pub o altri luoghi di ristorazione.

Un giovane aggiunge che nel cercare l’affitto è stato rifiutato da una affittacamere perché maschio, e secondo il suo dire, foriero di disordine perché è risaputo che i ragazzi sono confusionari. Sinceramente, mi dicono che certe mentalità e pregiudizi non se li aspettavano da una Ravenna abituata al turismo. Ma la cosa che mi ha sorpreso è che hanno messo in evidenza la difficoltà ad instaurare rapporti di amicizia con i giovani coetanei del luogo. Li ho lasciati ringraziandoli per la loro disponibilità e per la loro schiettezza, rassicurandoli che i ravennati non sono tutti come quelli che loro hanno descritto. Mi hanno sorriso e mi hanno detto: speriamo di rivederla ancora, magari per una bevuta.

Nevio Spadoni