"Lei succube dell’erborista guru". Maltrattamenti, assolto il marito

Secondo l’uomo, la consorte lo aveva querelato dopo la sua denuncia per le spese in talismani. Nelle motivazioni appena depositate, per il giudice il racconto della donna non è credibile.

"Lei succube dell’erborista guru". Maltrattamenti, assolto il marito

"Lei succube dell’erborista guru". Maltrattamenti, assolto il marito

Gli episodi di violenza fisica, descritti dalla donna, "peraltro in modo nemmeno specifico", sono "in numero molto limitato" e "non risultano riscontrati su base documentale". Ma soprattutto le dichiarazioni di lei sul cosiddetto ’erborista-guru’ – tra i protagonisti di questa singolare vicenda –, risultano affette da "non credibilità soggettiva" e "inattendibilità del narrato".

Sono solo alcune delle ragioni con le quali il giudice Cristiano Coiro aveva assolto l’11 aprile scorso dall’accusa di maltrattamenti e lesioni "perché il fatto non sussiste", un 50enne imprenditore ravennate difeso dagli avvocati Luigi Gualtieri e Alessandro Mancuso. Nei motivi della decisione, appena depositati, il giudice ha in particolare puntato la sua attenzione su un aspetto: "Non si ravvisa sufficiente credibilità nella parte civile e nei testimoni a carico".

Il contesto della vicenda è quello di "una situazione di radicale e patente conflittualità bilaterale tra i due coniugi", ha precisato il giudice prima di concedere congruo spazio all’analisi del rapporto con l’erborista anche sulla base del materiale raccolto dalla squadra Mobile. A suo tempo in aula l’imputato aveva riferito che la moglie aveva iniziato con qualche integratore; e poi tisane, pastiglie, gocce omeopatiche e fiori di Bach. Per proseguire quindi con strani oggetti come piramidi di rame per incanalare l’energia, incensi, essenze varie. E quando la consorte tra le mura domestiche si era messa a parlare di "rettiliani, atlantidei e abitanti di pianeti diversi", lui aveva intuito che la vicenda stava prendendo una brutta piega. Così, dopo avere letto sul giornale che un erborista era stato condannato per truffa, era andato in questura per denunciare la situazione dato che a suo avviso la donna era diventata succube di quell’uomo dilapidando un patrimonio. Lui aveva conteggiato almeno 1.000 euro nel 2015; 13.700 nel 2016 e 3.600 nel 2017. In ogni modo, qualche tempo dopo, nel contesto di una separazione tumultuosa, la moglie lo aveva denunciato accusandolo di aggressioni fisiche (schiaffi, calci, graffi, pugni e strette al collo) e verbali per circa 10 anni.

Secondo la testimonianza di un commissario di polizia, la signora, "dopo avere venduto un appartamento di sua proprietà a Pinarella", aveva "effettuato spese per circa 75 mila euro di cui almeno 9.400 documentate a favore dell’attività" dell’erborista. La donna - ha puntualizzato il giudice - aveva invece riferito che al più un’amica andava in quel negozio. L’amica aveva invece spiegato che "a volte la vedevo che era già dentro il negozio (...). Quando la vedevo dentro, aspettavo fuori". Una "duplicità di versioni" a cui si era aggiunta quella dell’erborista secondo cui "le due donne si rividero dopo anni proprio nel suo negozio".

Nel complesso la moglie dell’imputato "ha reso una deposizione diafana" quando "è stata chiamata a illustrare il proprio rapporto" con l’erborista "definendolo un signore che lavorava in un negozio". Inevitabile il riverbero sul vaglio di attendibilità delle sue dichiarazioni. In quanto ai maltrattamenti, la teste "ne ha descritti solo cinque": uno schiaffone nel 2008; una stretta al collo nell’estate 2010; due schiaffoni sempre nel 2010; uno spintone nel 2013 e uno scarpone in faccia nel dicembre 2018. Tuttavia il reato di maltrattamenti, per potere essere contestato, "esige una condotta abituale". Qui poi non ve n’è traccia in referti d’ospedale; ma soprattutto a mancare è credibilità della parte offesa.

a.col.