L’ex vigile ha patteggiato: un altro anno di pena

Il 52enne manfredo era finito nei guai dopo il suicidio di un macellaio e anche per truffa ed estorsione

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Le indagini erano scattate quando il 64enne contitolare di una macelleria di Faenza era stato trovato impiccato il 25 luglio 2019 all’interno del suo negozio. Gli inquirenti erano partiti dall’ipotesi di istigazione al suicidio per approdare alla contestazione di morte come conseguenza di altro reato, l’usura. Nel corso delle verifiche, erano state contestate anche una maxi-truffa ai danni di due anziane gemelle; una truffa a due coniugi che volevano riscuotere il risarcimento assicurativo per un incidente stradale; e una estorsione ai danni di un collezionista di divise. Ieri mattina davanti al gup Corrado Schiaretti e al pm d’udienza Stefano Stargiotti, il 52enne faentino Gian Carlo Valgimigli, ex agente della polizia locale, attraverso il suo avvocato Gabriele Bordoni ha patteggiato un anno di reclusione in continuazione con la condanna a 4 anni e 10 mesi rimediata per una contestata estorsione ai danni di un noleggiatore di auto di lusso e passata in giudicato a febbraio. In totale dunque il conto restituisce cinque anni e 10 mesi, due dei quali già espiati tra carcere e domiciliari. Il 52enne, che oggi è libero e che con la definizione di questo procedimento ha esaurito i suoi conti con la giustizia penale, non è cioè destinato a tornare in carcere (il limite è quattro anni) ma potrebbe piuttosto definire la pena residua con un affidamento in prova. Tra le parti offese, si erano costituiti parte civile il collezionista con l’avvocato Alfonso Gaudenzi; i coniugi (avvocato Daniela Saragoni); e gli eredi del defunto macellaio (avvocato Giuseppe Lenzini). Le gemelle ultraottantenni, che hanno sempre sostenuto di avere in realtà fatto regali all’imputato, non si sono invece presentate.

Secondo le indagini di polizia e guardia di Finanza coordinate dal pm Angela Scorza, Valgimigli invece, dopo avere conquistato la fiducia delle due mostrando nei loro confronti disponibilità per ogni necessità quotidiana, aveva iniziato a chiedere denaro rappresentando false evenienze tipo gravi problemi economici o la necessità di asserite cure mediche per familiari. Uno stratagemma – per l’accusa – che gli aveva consentito di incassare un totale di 400 mila euro. In quanto al macellaio, all’ex vigile era stato contestato l’essersi fatto consegnare 18 mila euro a fronte di un prestito di 13 mila, pretendendo in garanzia un assegno da 20 mila: ciò avrebbe creato i presupposti che avevano portato alla morte del 64enne. Per quanto riguarda i due coniugi, la truffa per il pm ammonta a 37 mila euro: il 52enne avrebbe prospettato all’uomo il fatto che, per vedersi riconoscere più punti dal medico legale dell’assicurazione, l’unico modo era consegnare denaro. Nell’ultima contestazione, quella relativa al caso del collezionista di divise, per l’accusa Valgimigli era arrivato a minacciare l’uomo facendo riferimento ad albanesi per costringerlo a consegnargli un assegno da 13 mila euro: tentativo fallito grazie all’intervento del padre del collezionista. In altra occasione sarebbe però riuscito a farsi consegnare assegni per 10.500 euro e bonifici per 40 mila sotto la minaccia di vendicarsi nel caso di denuncia. E assegni per 12 mila euro sempre dietro la minaccia di assoldare amici albanesi per picchiarlo. Valgimigli, licenziato nel giugno 2020 dopo la prima condanna, ha fatto ricorso contro l’Unione della Romagna Faentina: la causa è ancora pendente.

Andrea Colombari