
Un momento della terza anta dello spettacolo (Foto Silvia Lelli)
Immergersi nel Don Chisciotte di Cervantes per scoprire (ma è davvero una scoperta?) che i tormenti, i quesiti, gli errori dell’essere umano sono gli stessi oggi di quelli del 1600. E di qualunque altra epoca. L’opera mondo del Teatro delle Albe, ‘Don Chisciotte ad ardere’, l’impresa compiuta da Ermanna Montanari e Marco Martinelli è giunta al termine, a quella terza anta che verrà presentata, fino al 13 luglio, nel cartellone di Ravenna Festival, unita alle prime due. Poco più di 4 ore di spettacolo diventano un viaggio onirico nel quale gli spettatori, gli erranti, si abbandonano alla guida dei maghi Hermanita e Marcus, rispettivamente Ermanna Montanari e Marco Martinelli.
E come accade per i sogni, nei quali il tempo non esiste, queste quattro ore volano via in un battito di ciglia, tra malinconia, risate, musica, poesia. Un attimo prima si è in via di Roma, stregati dallo sguardo magnetico di Hermanita affacciata al balcone di Palazzo Malagola, quello successivo si è al Rasi, chiesa e teatro, per l’atto conclusivo, la morte dell’hidalgo. In mezzo c’è tutto il mondo di Cervantes, divenuto pretesto, nella riscrittura di Montanari e Martinelli, per urlare contro gli orrori della contemporaneità, la violenza, le guerre, i soprusi, la mercificazione delle donne e dei loro corpi.
Tornano, nella prima parte, la grotta di Montesinos, i sogni, la locanda, alcuni episodi chiave del romanzo, come l’incontro con i carcerati in catene, "È mai possibile che il Re usi forza a qualcuno?" si chiede con disarmante candore Roberto del Castillo/Don Chisciotte, e poi la distruzione dei libri ‘dannosi’. Nella seconda anta, all’interno del cosiddetto Palazzo di Teodorico, le domande, i dubbi si intensificano, anche la tensione tra gli attori della scalcagnata compagnia che sta mettendo in scena l’opera: Roberto del Castillo, alias Don Chisciotte, Laura Ross de la Briansa, alias Dulcinea e Sancio Panza, alias Aleandro Argnàn de Puerto Foras. L’atmosfera, cupa, culmina nel racconto disperato della ragazza di Algeri in chiave contemporanea.
Infine l’anta conclusiva, al Rasi, introdotta da un ristoro per gli erranti: ‘l’universal colazione’, acqua, vino e pane della Mancia. Ora tutto è pronto per il finale. Ci sono il matrimonio di Costanza, che da sventurato diventa felice grazie all’inganno, e l’umanità persa, anestetizzata dal ’teattrino’ che la circonda. Il mondo va al contrario e la lucidità è scambiata per pazzia. In scena ci sono tutti: Marco Martinelli, Ermanna Montanari, Roberto Magnani, Laura Redaelli, Alessandro Argnani, strepitoso nella sequela di proverbi e frasi fatte, Marco Saccomandi, la band dei Leda e i disegni dal vivo di Stefano Ricci, i cittadini e le cittadine della chiamata, il pubblico errante. Per l’hidalgo è l’ora di morire, ma forse non di pentirsi.
Annamaria Corrado