L’inventore del Babbo Natale parlante

Alteo Dolcini, vulcanico segretario generale del Comune, scomparve nel 1999 ma lasciò alla città tantissime innovazioni e idee

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Natale 1962, sessant’anni fa. Sotto il portico di palazzo Manfredi, fra il voltone della Molinella e lo scalone comunale, la mattina del 23 dicembre comparve un pupazzo alto quasi due metri, barba e baffi, vestito di rosso e bianco, un sobrio e quasi aristocratico ‘Babbo Natale’ che, introducendo una moneta (da 5, 10, 20, lire al massimo), muoveva le braccia e faceva gli auguri. E subito ci fu la fila dei bambini e non solo, anche adulti: la curiosità era forte, a colpire era soprattutto la riproduzione della voce! Il ‘Babbo Natale parlante’ a Faenza raccolse circa quindicimila offerte per un totale di 180mila lire; il ‘gemello’ installato in piazza a Ravenna, 170mila lire e quello a Forlì 190mila: beneficiario delle somme fu l’Unicef. Inventore (con tanto di brevetto arrivato nel ’66) fu colui che all’epoca era il ragioniere capo del Comune e che poi di lì a un anno sarebbe diventato il Segretario Generale (In carica fino al 1988), ma soprattutto il vulcanico e geniale motore dei fronti più avanzati dell’agire umano nei più disparati campi, con la ceramica, la cultura e la promozione internazionale della città in primo piano: ovvero Alteo Dolcini, il cui immenso archivio documentale e fotografico ordinato nel tempo dal figlio Andrea, è stato recentemente acquisito dalla Fondazione della ‘Cassa’ di Ravenna. Città nella cui prefettura Dolcini era stato funzionario nei primi anni Cinquanta. Il prossimo anno, il 12 settembre, ricorrerà il centenario della nascita e l’auspicio è che l’anniversario possa avere degna cornice pubblica. C’è anche un’altra ‘invenzione natalizia’ che reca la firma di Alteo ed è datata mezzo secolo fa: era il 1973 e a dicembre scattarono le domeniche a piedi, per via del petrolio razionato, arma di ricatto in mano agli arabi quale conseguenza della guerra fra Israele ed Egitto.

E anche allora, come oggi, fu necessario risparmiare, oltre che sul carburante, anche sull’elettricità. Così Alteo Dolcini prima contattò i campioni ciclisti di Faenza, Ortelli, Minardi, Ronconi e poi fece mettere in serie le dinamo potenziate di 5 biciclette, bloccate su treppiedi: pedalando si accendeva l’albero di Natale sotto la Torre, in piazza. I primi pedalatori furono il senatore Assirelli, il sindaco Gallegati e i tre campioni, poi furono i cittadini, soprattutto ragazzi, ad alternarsi sui pedali. Ricordo lui, Alteo, sorridente come sempre, mentre guardava estasiato l’albero che si illuminava. Ma erano altri tempi! In quegli anni Settanta, Alteo, originario di Forlimpopoli, era già un personaggio, a Faenza, dove era approdato nel 1956: perché a cominciare dal 1960 mise la firma sulle prime grandi e famose iniziative popolari di Faenza, dalla Giornata del Faentino lontano la cui prima edizione si tenne nel 1960, l’anno dopo l’avvio del Palio, che pure lo vide protagonista, alla ‘Nott de Bisò’ (l’esordio fu il 31 dicembre 1964), e poi la storica Rassegna del Teatro dialettale, la ‘Primavera di Oriolo dei Fichi’, la Cento km del Passatore e tanto, tanto altro. Vittorio Valtieri fu il vice di Dolcini alla segreteria generale per 15 anni. Scrisse su ‘Faenza e mia paes’ del 1999: "Alteo non solo era un vulcano di idee che a ogni costo metteva in pratica per il bene della sua Faenza, ma era anche e soprattutto un segretario generale che lavorava per snellire le pastoie burocratiche, per facilitare il rapporto fra Comune e cittadini". E i risultati di quella sua costante ricerca della legittimità sostanziale degli atti pubblici, Dolcini, che fu anche docente alle università di Bologna e Verona, li tradusse in saggi di diritto amministrativo che si sommarono a una trentina di libri e altri scritti su temi disparati: storia, costume, ceramica, tradizione. Due sono stati i fronti che ebbe molto a cuore: il vino e la ceramica. Furono lui, Lino Celotti e Pasquale Baccherini, nel 1962, a fondare il Consorzio per la tutela dei Vini Tipici romagnoli che divenne poi l’Ente Tutela Vini di Romagna: erano gli anni in cui non solo in Romagna, ma in mezza Italia, si stava diffondendo la criminale pratica della sofisticazione del vino e la nascita del Consorzio fu determinante per ‘salvare’ la produzione vinicola dei produttori onesti.

Ne scaturirono iniziative legislative per la tutela delle produzioni (a partire dalla Doc, la Denominazione di origine controllata) e la nascita di organismi e ‘case’ che avevano in Alteo e nel vino il motore principale: la Società del Passatore, il Tribunato dei Vini di Romagna (dove il nettare d’uva è coniugato con la cultura nelle cui fila militarono, fra i tanti, il grande giornalista cervese Max David e illustri scrittori quali Aldo Spallicci, Piero Zama, Francesco Serantini, don Francesco Fuschini, Frederich Schurr), la Cà de Bè a Bertinoro, la Domus Popilia a Cesenatico, la Cà de Ven a Ravenna e poi a Predappio e a Rimini. E sul fronte vitivinicolo si deve a lui l’iniziativa, siamo nel 1969, per dar vita al Centro universitario di ricerca viticola ed enologica nell’azienda agricola comunale di Tebano che da anni è diventato sede della facoltà universitaria in enologia. Altrettanto massiccia la ‘produzione’ sul fronte della ceramica. Spiega Andrea Dolcini: "Nel 1977 mio padre diede vita all’Ente Ceramica Faenza, di cui fu presidente fino al 1996: lo scopo era la rivitalizzazione della ceramica faentina e come per il vino promosse un marchio di qualità per la produzione artistica locale che poi ottenne il sigillo legislativo nel ‘99: in quegli anni ceramiche manfrede furono donate a personaggi mondiali come Gorbaciov, Reagan, Papa Wojtyla. E sempre del babbo fu l’idea del Mondial Tornianti e dell’Estate ceramica, con le esposizioni nei loggiati di palazzo Manfredi". Non domo, Dolcini affrontò, fra tante altre attività, anche il campo della musica. E’ morto il 2 settembre 1999.

Carlo Raggi