di Carlo Raggi Quando a metà degli anni Settanta Carlo Locatelli cominciò a collaborare con l’Enpa, i cani accalappiati dopo tre giorni venivano soppressi nella camera a gas del canile comunale: lo imponeva la legge, cambiata solo nel 1988. Mezzo secolo fa il cane stava legato al pagliaio, la sensibilità verso gli animali era rara eccezione, la sterilizzazione era un concetto sconosciuto e comunque impraticabile. Laureato in giurisprudenza, funzionario di banca, Locatelli è stato una di quelle eccezioni: presidente dell’Enpa di Ravenna dal 1978, per vent’anni capo nucleo delle guardie zoofile, a tutt’oggi è ancora al vertice e il suo ruolo è stato determinante, nel tempo, per le moderne normative a favore degli animali. Locatelli (già consigliere nazionale e coordinatore regionale dell’organismo) e la sua squadra, in quasi mezzo secolo si sono occupati di cani, gatti, tartarughe, carpe, porcellini d’India, criceti, polli, colombi, cavalli, anatre…e poi l’aiuto ai canili de l’Aquila terremotata e ora nell’Ucraina bombardata. Una vita per la difesa dei diritti degli animali. "Ma quante battaglie perché quei diritti venissero riconosciuti! Pensi solo alla legge che prevedeva l’uccisione dei cani catturati e portati al canile comunale, se entro tre giorni non si faceva vivo il padrone. Cosa potevamo fare noi? Potevamo sollecitarne l’adozione, ma era pratica rara, o li ‘riscattavamo’ noi, ma anche questo non era facile, erano anni di crisi per l’Enpa". Fino a quando durò questa barbara azione? "Fino al 1988, quando intervenne una legge regionale che disciplinava la gestione dei canili vietando la soppressione. Finalmente la nostra azione quotidiana aveva dato un primo buon frutto. Alla stesura di quella legge avevo collaborato assiduamente; poi nel 2000 la Regione apportò ulteriori miglioramenti. A livello nazionale solo con la legge 281, nel ’91, fu vietato l’abbattimento. In Emilia Romagna abbiamo precorso i tempi!" Fermiamoci un attimo, parliamo di lei. ...
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