
Il 47enne runner ravennate ha chiuso al 29esimo posto la corsa in Mongolia, nonostante la disidratazione .
Si è classificato al 29° posto. Che, detto per inciso, vale quanto un successo. Il ravennate Alberto Marchesani, ha inanellato un’altra impresa. Impresa nel vero senso della parola. Perché, tagliare il traguardo della Gobi March, l’ultra maratona da 250 km in 6 tappe nelle steppe della Mongolia, ai margini del deserto del Gobi, non è per tutti: "È stata l’ultra maratona più emozionante che abbia fatto, capace di farmi comprendere ancora una volta come, seppur piccoli e limitati, siamo parte di una vastità immensa e meravigliosa. Una prova in costante progressione, conclusa anche con un buon piazzamento".
Momenti critici non sono mancati: "La prima giornata – ha proseguito Alberto Marchesani – siamo partiti alle 8 di mattina con 30° all’ombra. Tra il caldo e i 10 kg di zaino sulla schiena, al 15° km sono andato in ‘fame d’aria’ e, a causa di una leggera disidratazione, dopo 5 km mi sono sentito male. Grazie a un bastoncino prestato da un runner greco, ho raggiunto il checkpoint per riposare ed essere assistito da un medico. In seguito ho concluso la tappa, da cui si sono ritirati in dieci. Nella quarta frazione, la più lunga, da 80 km, ci hanno avvisato al 76° km dell’arrivo di una tempesta di fulmini. Con poncho e lucetta frontale ho cercato di affrontare i km finali, correndo e accovacciandomi per proteggermi, fino a quando, a 750 metri dal traguardo, sono stato improvvisamente trascinato nel furgone dello staff, che aveva deciso di sospendere la corsa".
Marchesani non è nuovo a sfide di questo genere. Dopo l’atmosfera glaciale della Siberian ice half marathon, affrontata nel 2015, si è lanciato nel 2019 nella ‘brutale primordialità’ della Fire & Ice ultra islandese, 250 km in 6 giorni. Ma nel deserto ha trovato la propria dimensione, inanellando imprese uniche, ovvero la Oman desert marathon nel 2017, 165 km in 5 tappe nelle immense Wahiba Sands; la mitica Marathon des sables nel 2022, 250 km in 6 tappe nel Sahara marocchino; e la Namib Race nel 2024, 250 km in 6 stage tra le dune più antiche del mondo. Immancabile è stata la partecipazione a due edizioni della 100 km del Passatore.
Il 47ettenne maratoneta ravennate ha raccontato anche il momento della ‘liberazione’: "Gli ultimi 42 km, ovvero l’ultima tappa. Temperatura ottima, zaino leggero e un paesaggio completamente diverso, con tanto verde, dolci montagne circondati da cavalli, mucche, pecore, cammelli. Mozzafiato l’arrivo al monastero buddista di Erdene Zuu, vicino Karakorum, antica capitale mongola, festeggiato con un banchetto dei locali".
Roberto Romin