"Marco era davanti a me, è stato un attimo Rivedo la moto che si intraversa, poi un urlo"

L’avvocato Mauro Brighi è rimasto ferito nell’incidente: "Ma il dolore più grande è aver perso un amico, ci conoscevamo da 40 anni"

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di Andrea Colombari

"Tutto è accaduto in una manciata di secondi ma ho due, tre immagini che mi si sono ben fissate in testa. Vedo quella moto che si intraversa, sento un gran urlo, vedo il corpo del mio amico Marco nel fossato". L’avvocato ravennate Mauro Brighi, 60 anni, è uno dei superstiti dell’incidente stradale verificatosi nella tarda mattinata di ieri alle porte di Borello. Brighi, grande appassionato di ciclismo, è molto conosciuto a Ravenna: e non solo per la sua attività professionale, che in diversi casi lo ha visto rappresentare Comune e Ausl in cause civili e penali, ma anche come presidente del Mar. Quando verso le 17 di ieri lo abbiamo raggiunto al telefono, si trovava in ospedale a Cesena in attesa di ulteriori approfondimenti diagnostici e di essere operato.

Avvocato Brighi, come sta?

"Ho una frattura scomposta del gomito e ho riportato la lussazione della clavicola. A breve mi deve visitare l’ortopedico. Ma il dolore più grande è per la morte del mio gradissimo amico Marco Iannone".

Da quanto tempo vi conoscevate?

"Da più di 40 anni, ci eravamo conosciuti nel contesto del quartiere San Biagio e avevamo fatto i ragazzini assieme. Lui era diventato manager e ora lavorava a Imola".

Condividevate dunque anche la passione per il ciclismo?

"Sì, e siamo usciti con la squadra del forum bike per il classico giro del sabato. Nel gruppo ci sono avvocati ma non solo. Con noi c’erano tra gli altri anche i miei colleghi Maurizio Taroni e Antonio Farini. Sono una decina di anni che usciamo con le bici: 70 chilometri in collina facendo un po’ di salite con la classica tagliatella finale. Si tratta di una scampagnata, abbiamo dai 55 anni in su".

Quale itinerario avete seguito questa volta?

"Siamo partiti da Borello, dove abbiamo lasciato le auto. E, dopo una settantina di chilometri di pedalata, ci trovavamo a un paio di chilometri da Borello sulla strada che inizia a salire per andare a Ranchio. Sarà stata l’una meno dieci: eravamo quasi arrivati e di lì a poco ci saremmo ritrovati su un buon piatto di tagliatelle a parlare della vita. Ma è in quel momento che è accaduto tutto".

Come eravate disposti?

"Ci trovavamo in fila separati una decina di metri l’uno dall’altro; davanti a tutti c’era l’avvocato Farini; Marco era il terzo e io il quarto, subito dopo di lui. Dietro c’era un altro del nostro gruppo, Alberto Argelli, che ha visto bene l’impatto".

Cosa ricorda di quei momenti?

"Tanta adrenalina. Ho visto la moto che dall’altra parte superava altre tre moto in corrispondenza di una semicurva a destra. Non credo che fossero dello stesso gruppo: poi ho saputo che anche loro stavano per finire il giro. In ogni caso, la moto che superava deve avere frenato e poi ha invaso la corsia e si è messa di traverso. Tutto è durato istanti: la moto ha centrato Marco e lo ha scagliato nel fossato laterale sulla destra mentre il motociclista è finito a sinistra, anche lui morto".

Lei è rimasto ferito nella successiva carambola?

"Sì. La bici di Marco, per inerzia, dev’essere venuta verso di me. Sto ancora pensando come alle volte la vita decida il nostro destino in pochissimo tempo. Pensi che ci eravamo fermati lungo il tragitto perché 15 minuti prima proprio Marco aveva forato. Avevamo riparato la gomma e poi eravamo ripartiti. Sono quelle cose che dici…".

I soccorsi?

"Sono arrivati subito, ma per Marco purtroppo non c’era più niente da fare: probabilmente è deceduto sul colpo. Sono giunte le ambulanze, lui è rimasto lì; poi sono arrivate le forze dell’ordine per sentire i testimoni. Mi devono ancora ascoltare perché io sono stato portato via subito in ambulanza. E ora sono in ospedale in attesa di essere operato".