Lugo, la mamma di Matteo Ballardini, "tradito anche dall’amica del cuore"

Il 19enne ucciso da overdose e lasciato solo da tutti. In quattro sono in carcere

Sabrina Bacchini, la madre di Matteo Ballardini, in una foto del passato insieme al figlio ancora piccolo

Sabrina Bacchini, la madre di Matteo Ballardini, in una foto del passato insieme al figlio ancora piccolo

Lugo (Ravenna), 17 giugno 2018 - «Non posso più ascoltare le sue parole, non posso più guardare il suo sorriso né avrò più modo di avere nipotini. Matteo non c’è più e alle volte non so nemmeno perché sono qui a combattere. Ma quello che gli è successo è davvero pazzesco: non si tratta così nemmeno un cane abbandonato». Mostra una foto: c’è lei sorridente abbracciata al figlio. Nove anni fa che sembrano una vita fa. Perché Matteo ‘Balla’ Ballardini, studente e figlio unico, è morto a soli 19 anni il 12 aprile dell’anno scorso per un’overdose da metadone dentro a un’auto, quella che gli aveva prestato proprio la mamma, lasciata in un parcheggio fuori mano della sua Lugo di Romagna. Un’agonia lentissima la sua che mercoledì mattina ha fatto finire in carcere per omicidio volontario pluriaggravato i quattro amici accusati di averlo abbandonato pur accorgendosi in che condizioni disperate si trovasse. «Forse è ancora troppo presto per parlare – dice la madre, Sabrina Bacchini – il dolore è ancora troppo grande». Ma un paio di cose ci tiene a dirle ora che le indagini della Procura hanno restituito un fiume di dettagli inquietanti sulle ultime ore di vita del figlio.

A partire da Beatrice ‘Bea’ Marani, la 21enne della vicina Lavezzola che la notte dell’11 aprile gli aveva portato i flaconi di metadone. «Lei era la sua amica del cuore – ricorda la mamma di Balla –. Matteo quella sera mi disse che aveva avuto una brutta giornata. Che voleva parlare con lei perché lei lo capiva. Che aveva bisogno di parlarle per raccontare. Lui la adorava, la stimava, ci credeva immensamente in lei. Me ne parlava spesso: mi raccontava di quella ragazza che andava a cavallo e che lo capiva. E invece...». E invece gli inquirenti hanno individuato in Bea proprio la persona capace di influenzare gli altri tre ragazzi per far sì che non fossero chiamati i soccorsi in attesa che magari Balla si riprendesse in quella che il Gip ha bollato come «diabolica scommessa» sulla vita del giovane. Perché altrimenti sarebbe venuto fuori che il metadone al 19enne glielo aveva dato proprio lei, Bea, la toxic sister, come qualcuno dei testimoni sentiti dalla polizia l’aveva inserita nella propria rubrica telefonica.

«Mi vengono i brividi rileggendo le chat di quell’ultima notte. Mi viene la pelle d’oca quando realizzo come si è comportata. Matteo credeva in questa persona, e lei l’ha lasciato morire così. E per cosa? Per pararsi il c... Lo so, sono esplicita, ma quanto successo mi ha sconvolto tantissimo».

Del resto l’agonia del figlio è durata oltre dodici ore: e se qualcuno dei presenti in qualsiasi momento avesse deciso di chiedere aiuto, il 19enne si sarebbe con alta probabilità salvato. Per questo in carcere ci sono finiti anche Leonardo Morara, 27enne di Lugo; Giovanni Simone Palombo, 21enne anche lui di Lugo; e Ayoub Kobabi, 23enne di origine marocchina. «E pensare che il tempo di cambiare idea lo hanno avuto. Capisco la notte, forse erano sballati. Ma il mattino dopo non hanno avuto nessun rimorso? Niente di niente? Così non si tratta nemmeno un cane abbandonato».