Matteo Ballardini morto a 19 anni, i giudici: “Fu come una roulette russa”

Il ragazzo lughese è deceduto per overdose dopo 13 ore di agonia. A processo quattro ragazzi: “Fu omicidio volontario”

Matteo Ballardini morto a 19 anni per overdose

Matteo Ballardini morto a 19 anni per overdose

Ravenna, 15 aprile 2023 – L’atteggiamento psicologico dei quattro giovani imputati, "era stato quello di una roulette russa". Da un lato la consapevolezza di una "intossicazione grave da metadone", come tale capace di "provocare la morte". E dall’altro la loro inerzia giustificata "dall’interesse personale" e sfociata nell’avere di fatto impedito "ogni intervento salvifico".

Oltre due ore di requisitoria al termine delle quali il sostituto procuratore generale (pg) Licia Scagliarini, ieri pomeriggio ha chiesto la condanna per omicidio volontario (con dolo eventuale) dei quattro ragazzi alla sbarra per la morte di Matteo ‘Balla’ Ballardini, lo studente deceduto a 19 anni per overdose dopo 13 ore di agonia il 12 aprile 2017 a Lugo nella sua auto appositamente lasciata in un parcheggio fuori mano dai quattro imputati assieme a lui la notte precedente. Secondo il pg, il reato è stato commesso in concorso: i quattro cioè "si sono rafforzati come gruppo nel gestire in modo doloso" gli accadimenti.

Nel dettaglio, la prima richiesta è stata per Beatrice ‘Bea’ Marani di Lavezzola (avvocato Fabrizio Capucci), definita "l’anima nera, una capa, una dura, una rifornitrice abituale di metadone" per il quale, come ricordato nella relazione introduttiva dal presidente della corte d’assise d’appello di Bologna, Donatella Di Fiore, la ragazza si era vantata al telefonino di possederne "quantità industriali". Il pg ha chiesto per lei 9 anni e 4 mesi di reclusione in ragione anche del fatto che "le attenuanti generiche sono prevalenti sulle aggravanti" per via di "giovane età, incensuratezza, avvio di un percorso di recupero".

Ragionamento analogo è stato fatto anche per Leonardo Morara di Lugo (avvocato Carlo Benini): "Ha accompagnato alla morte" il 19enne "però lo ha fatto ritrovare e ha dato la stura alle indagini" della squadra Mobile "pur preoccupandosi di potere finire sui giornali". Anche per lui richiesta di 9 anni e 4 mesi, compreso il contestato spaccio di cocaina.

Infine per Giovanni Simone Palombo di Lugo e per Ayoub Kobab di origine marocchina ma residente a Lugo (entrambi difesi dall’avvocato Nicola Laghi), la richiesta è stata di 6 anni 2 mesi e 20 giorni. Nel loro caso il pg ha tratteggiato una "condotta di minore importanza" rispetto ai primi due imputati.

Nessuno dei quattro era in aula. C’erano invece i genitori del defunto (parte civile con l’avvocato Alberto Padovani). Nei numeri, le richieste di condanna sono inferiori di qualche anno alle pene inflitte in primo grado a Ravenna al termine del rito abbreviato (tra 15 anni 4 mesi e 9 anni 4 mesi) solo per una semplice questione di applicazione delle generiche (ritenute in quel caso equivalenti alle aggravanti). Sono tuttavia decisamente superiori a quelle uscite in occasione del primo appello (tra 4 anni 10 mesi e 8 mesi) in quanto in quella sede la Corte bolognese aveva cambiato l’inquadramento giuridico: niente più dolo eventuale ma morte come conseguenza di altro reato (lo spaccio) per la Marani e omissione di soccorso per gli altri tre. Ed è proprio su questo punto che la Cassazione aveva poi ritenuto necessario un ulteriore appello.

"Un compito arduo quello che ci spetta", ha esordito il pg gettandosi a capofitto nel tema giuridico della vicenda: il confine tra "colpa cosciente e dolo eventuale". Su questo punto, è partita da una circostanza che "non ha nulla a che vedere con la colpa". Ovvero la Marani "aveva cancellato i messaggi compromettenti" di quella notte, in parte recuperati dall’analisi forense: nove quelli scritti in meno di tre minuti a Palombo. Il primo è delle 23.17: "Niente ambulanza".

E poi: "Il metadone gliel’ho dato io", "vado nei casini", "no", "deve scendergli la botta", "non ha esagerato come al solito, ha fatto di peggio", "ma è completamente cappottato", "dove sei?". I tre che di lì a poco avrebbero raggiunto il parcheggio, erano cioè a conoscenza "dell’evento che avrebbe trasformato Matteo Ballardini in vittima".

E La Marani "li chiama a raccolta perché condividano e gestiscano la situazione illecita che lei ha creato". Matteo verrà persino privato del cellulare e chiuso a chiave in auto: situazione paragonata al caso Ciontoli in quanto il giovane Marco Vannini era stato chiuso in casa dopo un colpo accidentale di pistola. E non si può parlare di sola omissione di soccorso dato che i tre imputati "non si erano imbattuti in una persona in pericolo" ma "avevano preso il potere" sul 19enne "accollandosi la posizione di garanzia" su di lui.