Matteo Cagnoni, i giudici. "Così ha firmato il delitto"

Le motivazioni della conferma in appello dell'ergastolo per l'omicidio della moglie

Matteo Cagnoni (foto Corelli)

Matteo Cagnoni (foto Corelli)

Ravenna, 14 novembre 2019 - Le telecamere di sorveglianza della villa paterna di Firenze, «davanti alle quali ha smaltito gli oggetti provenienti dal delitto». E poi il bastone usato per «fracassare la testa alla moglie» e che, grazie a un accertamento botanico, è stato ricondotto ai pini della sua villa di Marina Romea. Ma anche l'inserimento dell'allarme nella villa di via Genocchi scena del crimine, con cui «in qualche modo firmava il delitto».

CAGNONIF_31997295_121113

Sono tanti gli elementi che hanno portato alla conferma in appello dell’ergastolo inflitto al 54enne dermatologo Matteo Cagnoni e tutt'ora nel carcere cittadino con l'accusa di avere massacrato la mattina del 16 settembre 2016 la consorte, la 39enne Giulia Ballestri.

LEGGI ANCHE: Una foto al'ex compagno di cella: "E' l’amante di mia moglie" - Sopralluogo della difesa di Cagnoni. "La villa è sottosopra"

Circa 180 pagine quelle appena depositate con cui la Corte bolognese ha spiegato la sua decisione del 26 settembre scorso. Tra le altre cose, sulle due impronte palmari sul sangue di Giulia lasciate sul muro e su un frigorifero e attribuite a Cagnoni - ha scritto la Corte - «non vi è stata alcuna lesione dei diritti di difesa».

Un elemento determinante a carico dell’imputato, visto che le analisi della polizia scientifica «hanno attestato con certezza» che si tratti «della mano destra e sinistra dell’imputato» il quale ha «così ha firmato il delitto».