Medici di base, carenza cronica "Ora che il loro ruolo è fondamentale"

Il presidente dell’Ordine Falcinelli: "La soluzione potrebbe essere inserire nel sistema sanitario i ‘camici grigi’, i laureati non ancora specialisti". Professionisti no vax? "Qui nessuna segnalazione"

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Sono la prima figura di riferimento tra i cittadini e la sanità: è indubbio che in questi mesi di pandemia il ruolo dei medici di medicina generale sia diventato ancora più fondamentale. E mentre i professionisti si destreggiano tra l’assistenza e la prospettiva di entrare progressivamente in prima linea per le vaccinazioni, si delinea un altro problema: il progressivo pensionamento dei medici. Ne abbiamo parlato con Stefano Falcinelli, presidente dell’Ordine dei medici di Ravenna.

Partiamo dal Covid e dai medici di medicina generale. Avranno un ruolo nella vaccinazione?

"So che a Roma si sta lavorando per sottoscrivere un accordo per coinvolgere i medici di medicina generale nelle vaccinazioni. Non c’è niente di ufficiale. Presumo che questo possa riguardare categorie come insegnanti o militari, che possono usufruire del vaccino di Astrazeneca. In un ambulatorio non sarebbero gestibili gli antidoti di Pfizer o Moderna, che hanno bisogno di temperature di conservazione bassissime".

Sui vaccini, a Bologna l’Ordine si è detto intenzionato a prendere provvedimenti contro medici no vax. Ci si sta pensando anche nel Ravennate?

"Al momento non ho nessuna segnalazione di medici no vax. Se ci fossero colleghi di questa idea, comunque, prima di procedere a sanzioni cercherei di parlare loro per convincerli a modificare il loro atteggiamento".

In questi giorni i lettori ci segnalano la difficoltà nel cambiare medico di medicina generale: si fa fatica a trovare posto. È un problema che conosce?

"È un grande problema. Anche a me sono arrivate tante segnalazioni, ma la colpa non è dei medici; la convenzione, cioè il contratto di lavoro dei medici di medicina generale, prevede un numero massimo di assistiti, e un volta raggiunto quel tetto c’è qualche deroga, come nel caso dei figli dei pazienti già assistiti, ma sono piccoli numeri".

È un problema legato alla nota mancanza di medici?

"Sì. Sono da diversi anni nel Consiglio di Amministrazione dell’Enpam, l’ente previdenziale dei medici, e da tempo denunciamo il problema. Le previsioni ce lo dicono da tempo: c’è una grande quantità di medici nati tra il 1952 e il 57, che corrispondono al picco di iscrizione a Medicina, che andranno in pensione nei prossimi anni. Più volte è stato detto che si sarebbe creato un vuoto assistenziale".

E l’appello dell’Enpam e della Federazione nazionale degli Ordini non ha avuto risposta?

"La politica non ha risposto. Il fatto è che occorre allargare il numero chiuso di Medicina, ma anche facendolo ora comunque raccoglieremmo i frutti tra 8 o 10 anni, cioè quando i ragazzi che si iscrivono ora concluderebbero il percorso".

Se niente cambia è ipotizzabile che i nodi verranno al pettine nel giro di 3 o 4 anni.

"Sì, il boom non è ancora arrivato, la situazione peggiorerà".

Quali soluzioni sono possibili nel breve periodo?

"Condivido la proposta sostenuta dal direttore dell’Ausl Carradori: inserire nel sistema sanitario i cosiddetti ‘camici grigi’, cioè i laureati non ancora specialisti. Sono 10mila in Italia. In passato potevano già lavorare, e dopo aver lavorato per un numero di anni pari a quelli della specialità potevano partecipare ai concorsi ospedalieri come specialisti".

Sara Servadei