Medico trovato morto in casa La consulenza non scioglie il giallo

Psicofarmaco presente in dosi rilevanti ma non letali, potrebbe avere agito come concausa

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La presenza di benzodiazepine nel corpo del defunto era rilevante ma non tale da avere avuto un ruolo esclusivo nel provocare il decesso. E proprio tale psicofarmaco potrebbe essere inquadrato come una sorta di concausa della morte, evento quest’ultimo giunto forse quale conseguenza di uno scompenso cardiocircolatorio acuto.

Sono queste, in sintesi, le conclusioni raggiunte dalla consulenza tossicologica e da quella autoptica disposte dalla procura di Ravenna per fare luce sulla morte del 67enne Danilo Molducci - a lungo medico di Campiano prima di andare in pensione – avvenuta la mattina del 28 maggio scorso nella sua abitazione della frazione ravennate. E proprio per procedere con tutti i rilievi tecnici del caso assicurando ai diretti interessati le garanzie previste dalla legge, già dall’apertura del fascicolo per omicidio volontario, era stato notificato uno specifico avviso a due persone, entrambe difese dall’avvocato forlivese Claudia Battaglia. Ovvero la collaboratrice domestica che aiutava il medico in tutte le incombenze – una 51enne di origine romena – e il figlio del defunto, il 39enne Stefano Molducci di Terra del Sole noto per essere stato in passato segretario del Pd di Castrocaro.

Nel dettaglio, dall’analisi medico-legale è emerso un quantitativo di benzodiazepine in dose inquadrabile tutto sommato come terapeutica: e tuttavia - ha in buona sostanza precisato l’esperto incaricato - l’assunzione del farmaco abbinata a mancanze sulla terapia per l’ipertensione, potrebbe avere alimentato quel 28 di maggio uno scompenso cardiocircolatorio acuto oltre a un edema polmonare acuto. Una concausa, in definitiva.

Secondo le verifiche fin qui eseguite dalla squadra Mobile ravennate e coordinate dal pm Angela Scorza, dal 2014 alla scorsa primavera, il 67enne - malato da diverso tempo e che per muoversi aveva bisogno di una carrozzina - era stato ricoverato un paio di volte proprio per abuso di psicofarmaci. Un dato che può prestarsi in astratto a una lettura ambivalente. Ovvero che lui stesso potrebbe avere abusato del medicinale per l’ennesima volta; oppure che terzi potrebbero avere strumentalizzato questo elemento per raggiungere un obbiettivo pianificato.

A questo punto occorrerà dunque capire se il 67enne assumesse da solo le benzodiazepine oppure se ci fosse qualcuno in grado di somministrargli e regolargli le dosi. Dal punto di vista investigativo, ora all’appello mancano solo gli esiti della consulenza grafologica disposta sulle ricette usate per ritirare le benzodiazepine e quella sui beni patrimoniali del defunto soprattutto in relazione al possibile drenaggio di parte del capitale. Al netto dei risultati di tutti i rilievi tecniche, sulla carta sono tre le strade principali che la procura potrà imboccare: proseguire verso l’esercizio dell’azione penale; convocare gli indagati per un interrogatorio; fare al gip una richiesta di archiviazione del fascicolo.

Andrea Colombari