Melandri, il re del vino nei guai. Ecco i motivi del maxi sequestro

Faenza, Procura e antimafia: "Patrimoni sproporzionati"

Faenza, sequestrati a Vincenzo Secondo Melandri beni per 50 milioni

Faenza, sequestrati a Vincenzo Secondo Melandri beni per 50 milioni

Ravenna, 11 gennaio 2019 - Gli hanno preso tutto. Venti milioni di euro dopo il primo arresto del 2012. Adesso patrimoni per altri 50 milioni. Persino quattro auto d’epoca, che più che una passione per Vincenzo Secondo Melandri, il re del vino di Russi, era uno dei tanti investimenti. Forse, gli hanno preso tutto. Perché gli investigatori dell’antimafia non escludono, cammin facendo, di imbattersi in altri patrimoni da «aggredire». «Sequestro preventivo finalizzato alla confisca per sproporizione», lo definisce il Pm Lucrezia Ciriello, titolare del fascicolo, che ne spiega la genesi: «Si va a intaccare il patrimonio di una persona che presenta una pericolosità criminale rilevante, attestata dai precedenti che risalgono agli anni ’90» in quanto «i beni che possiede sono sproporzionati al reddito che dichiara». E, aggiunge, «questa misura è più efficace di quelle che aggrediscono la libertà personale». 

Al momento a Vincenzo Secondo Melandri, 50 anni, è interdetta anche questa, dopo l’arresto nel dicembre 2017 nell’ambito dell’operazione denominata ‘Malavigna’. E il maxi sequestro si inserisce in quest’ultima vicenda giudiziaria per la quale è a processo perché ritenuto referente di un gruppo criminale specializzato nel riciclaggio di ingenti capitali di provenienza illecita e nelle frodi fiscali. Le recenti indagini patrimoniali hanno consentito di mettere i sigilli a 185 tra fabbricati e terreni nei comuni di Russi, Faenza, Forlì e Desenzano del Garda (Brescia), nonché a disponibilità finanziarie depositate in Italia e nella Repubblica di San Marino, ma anche a partecipazioni a 15 società.

L’uomo, ha ricostruito la Direzione investigativa antimafia, venne coinvolto nel 2012 nell’operazione Baccus della Dda di Bari a seguito della quale la Corte d’Appello emise nei suoi confronti una condanna a 4 anni di reclusione per reati associativi finalizzati alla truffa aggravata e ai reati fiscali. Proprio oggi, a Bari, è prevista un’udienza in cui la difesa chiederà una riqualificazione della pena. Per il tenente colonnello Aniello Mautone, capo della Dia di Bologna, all’epoca dell’arresto del 2012 il patrimonio di Melandri, poi tornato libero, fu solo «leggermente scalfito». Da qui la necessità investigativa di non dargli, pure se ora in carcere, «possibilità di mantenere intatto il patrimonio». 

Ma perché il sequestro di 50milioni di euro quando per il Gip Andrea Galanti, che ne ha firmato l’ordinanza, quelli certamente illeciti sono ‘solo’ 14? «I 14 milioni sono certamente provenienza illecita – spiega il capo dell’antimafia –, per il restante non c’è dimostrazione di provenienza lecita perché sproporzionato rispetto ai guadagni». Qui è il procuratore capo Alessandro Mancini che fa alcune precisazioni: «Noi lavoriamo su ipotesi che man mano si consolidano. Non abbiamo certezze granitiche né la verità in tasca, ma l’entità del compendio in sequestro, che qui non ha precedenti, riteniamo sia sproporzionata alle possibilità reddituali dell’imputato. Dopo di che le difese avranno modo di contro dedurre ed eccepire. Ma una cosa è certa: noi contrasteremo con tutti i mezzi e le risorse disponibili coloro che evadono le imposte e creano un danno erariale e alle regole di convivenza civile rispetto all’oltre 90% di lavoratori dipendenti. Fenomeno che in questo momento storico produce effetti dirompenti».