"Mi ha inseguito e preteso atti sessuali"

Il racconto choc in tribunale, ma in contesto protetto, del 13enne adescato da uno straniero, ora indagato per violenza sessuale

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Un ragazzino di 13 anni aveva denunciato di essere stato inseguito in strada e costretto a compiere un atto sessuale a uno sconosciuto. Ieri il minorenne è stato sentito in incidente probatorio, per cristallizzare il suo racconto senza la necessità di doverlo ripetere nel processo che si profila a carico di un 24enne originario della Guinea, tutelato dall’avvocato Marco Bertozzi, per fatti accaduti lo scorso 28 gennaio in un centro della Bassa Romagna. Il ragazzino, tutelato con la madre dall’avvocato Nicola Casadio, davanti al Gip Andrea Galanti, in una sala del tribunale diversa da quella in cui si trovavano il Pm Angela Scorza, il suo legale e quello della difesa, ha ripercorso quella giornata, quando nel pomeriggio, dopo avere accompagnato a casa un’amica, mentre pedalava era stato raggiunto da un uomo di colore, anch’egli in bicicletta, il quale lo avrebbe inseguito per cinque minuti, per poi riuscire a superarlo tagliandogli la strada in prossimità del cancello di una casa di campagna, lungo l’argine di un fiume.

Qui avrebbe cominciato a chiedergli con insistenza rapporti sessuali, costringendolo a farsi masturbare, reiterando la minaccia che lo avrebbe seguito fino a casa e facendo leva sul fatto che fosse già buio. Inizialmente lo straniero gli avrebbe chiesto anche di consegnargli bracciali e collana, desistendo poi da questo proposito. Traumatizzato dall’accaduto, l’adolescente si era poi rifugiato a casa raccontando tutto ai genitori. La loro denuncia aveva innescato le indagini di Squadra mobile e Commissariato di Lugo, culminate nell’apertura di un iniziale fascicolo contro ignoti per violenza sessuale aggravata. Poi, nel giro di poco tempo, il presunto adescatore era stato individuato nel 24enne. La vittima aveva descritto la tuta arancione da operaio che indossava, ricordando che era in sella a una bici elettrica. Il sospettato era stato poi identificato grazie alla visione dei filmati delle telecamere comunali, che lo riprendevano mentre percorreva strade in bici o in sosta nella piazza a mangiare un kebab. Nei suoi confronti non erano stati emessi provvedimenti restrittivi, nell’attesa che le indagini facessero piena luce sull’accaduto.

Nell’attesa di un eventuale rinvio a giudizio, l’indagato si dice estraneo alle accuse: non nega che l’episodio possa essere accaduto, ma dice di non essere lui quello contro cui viene puntato il dito. Anzitutto perché inizialmente il ragazzino, durante una prima identificazione fotografica, non lo aveva riconosciuto, facendolo successivamente durante un riconoscimento all’americana con l’indagato messo tra altre due persone dalla corporatura diversa. Anche la descrizione della bici, inoltre, non coinciderebbe.

Lorenzo Priviato