"Mia figlia malata, odissea al Pronto soccorso"

Il racconto di una donna, che ora minaccia di fare denuncia all’Ausl: "Lunghe ore di attesa, poi hanno dovuto portarla a Faenza per curarla"

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Una notte da dimenticare, quella trascorsa sabato al Pronto Soccorso di Lugo da una donna giunta insieme alla figlia, che lamentava dolori articolari, tosse e febbre altissima. Una notte che – promette la madre – creerà conseguenze dal punto di vista legale. La bambina, un’adolescente, convive dalla nascita con una grave condizione. I sintomi dell’influenza erano comparsi il giorno prima, quando era stata mandata a casa da scuola per tosse e febbre lieve. "Mia figlia ha iniziato poi a peggiorare, fino a quando la temperatura ha raggiunto i 40 gradi. Pur dandole dei medicinali, non riuscivo ad abbassarla. Per questo – spiega la donna, che vive a Sant’Agata – ho deciso di portarla al Pronto Soccorso di Lugo, come punto di soccorso più vicino, ben sapendo che il pediatrico c’è solo a Faenza e a Ravenna. Non me la sentivo di farle fare tutta quella strada sulla mia auto". Madre e figlia hanno varcato la porta del Pronto soccorso di Lugo alle 19.42 di sabato. Fra attese, accertamenti e quant’altro, entrambe sono tornate a casa alle 6 del mattino di domenica. "Per le prime tre ore non è successo nulla – racconta la donna –. Mia figlia era in preda a dolori e tremori. Le hanno assegnato il codice azzurro e nessuno ci ha degnato di attenzione o dato qualcosa per farla stare meglio. Solo alle 22.30 le hanno somministrato una prima flebo, dopo aver visto il medico che mi ha ripreso dicendomi che l’influenza si cura a casa e che, in ogni caso, avrei dovuto portarla al pronto soccorso pediatrico. Ma la situazione di mia figlia è particolare e non me la sono sentita di portarla da sola in auto fino a Faenza o a Ravenna. Ho scelto di rivolgermi al primo punto utile per avere assistenza, dopo aver passato tutto il pomeriggio a chiamare invano la guardia medica. Sentivo solo il telefono suonare senza mai avere risposta. Spesso, nel tentativo di richiamare, non riuscivo a prendere la linea perché dava occupato. In ogni caso mia figlia ha 14 anni, un’età che è al limite fra Pronto soccorso pediatrico e pronto soccorso ordinario".

Alla prima flebo ne segue un’altra, poi la somministrazione di antinfiammatori e la lastra ai polmoni. "Intanto si fanno le tre e mezza di notte. Dalla mezzanotte – continua – stavano cercando un’ambulanza per inviarla al Pronto soccorso pediatrico di Faenza perché quello che le stavano dando non aveva sortito alcun effetto, anzi, mia figlia stava peggiorando. Il brutto è che nessuno mi dava la certezza né che stessero cercando l’ambulanza né che fosse disponibile. Mi hanno detto che ce n’era solo una di reperibile e che tutti ne avevano bisogno. Fra l’altro – aggiunge – non c’era neppure tanta gente quando siamo entrate alle sette e mezzo. Tant’è che avevo ipotizzato un’attesa breve".

Madre e figlia finalmente entrano nell’ambulanza diretta al Pronto soccorso pediatrico di Faenza alle 3 e mezza del mattino. Là la ragazzina viene visitata e curata "con la giusta terapia e il giusto dosaggio – sottolinea la donna –. Siamo tornate alle 6 del mattino. Mia figlia stava finalmente meglio, ma è inammissibile che una situazione di questo tipo possa accadere: e non solo per mia figlia, ma per tutti. Questa vicenda non finisce qui. Ho intenzione di rivolgermi a breve a un avvocato per capire se si può fare qualcosa. Voglio andare fino in fondo".

Monia Savioli