Mignolo tranciato nel locale La difesa: "Processo da annullare"

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La difesa non solo ha chiesto l’assoluzione dell’imputato: ma, ancora prima, che l’intero processo, per un vizio di forma, venga dichiarato nullo. Per l’accusa invece l’uomo va condannato a 600 euro di multa. Per la parte civile, il danno subito dalla ragazza per quel mignolo tranciato di netto in discoteca, ammonta a 60 mila euro (al policlinico di Modena le fu riattaccato ma ne ha perso la funzionalità).

Per conoscere l’esito del singolare caso, dovremo aspettare fine mese quando il giudice Tommaso Paone, dopo le eventuali repliche, si pronuncerà sulla richiesta della difesa (avvocato Massimo Martini) ed eventualmente stilerà la sentenza. La vicenda risale al 15 aprile 2017. Quella notte la ragazza protagonista suo malgrado dell’accaduto (una 22enne di Predappio parte civile con l’avvocato Martelli) stava ballando su un cubo quando a un certo punto, presumibilmente mentre scendeva, con un dito della mano destra era rimasta intrappolata in una griglia.

Il dito si era tranciato di netto ma lei nell’immediato non aveva avvertito dolore. Gli amici l’avevano però vista sanguinare realizzando in breve cosa fosse accaduto. Era scattata la caccia al mignolo con il timore che qualcuno lo pestasse. Quindi un amico lo aveva scovato ancora impigliato tra quelle maglie d’acciaio: aveva tolto la bottiglia di vodka dal cestello del ghiaccio del tavolino accanto e vi aveva infilato il mignolo amputato.

Per quanto accaduto, il 40enne all’epoca amministratore delegato della società che gestiva il locale, è finito a processo per lesioni colpose (è difeso dall’avvocato Massimo Martini). Secondo la ricostruzione dei carabinieri, quell’amputazione la 22enne se la sarebbe procurata verosimilmente scendendo dal cubo. Ma proprio su questo aspetto c’è stata battaglia tra accusa e difesa. In aula la giovane aveva riferito che era già scesa dal cubo, che c’era molta ressa e che a causa di una spinta avrebbe infilato il mignolo nella grata e in quel momento se lo sarebbe strappato.

Versione, questa, contestata dalla difesa. Secondo l’avvocato Martini il mignolo era stato ritrovato dall’amico a un’altezza di due metri e mezzo mentre la giovane è alta circa un metro e sessanta. Come dire che l’amputazione andrebbe attribuita non alla pericolosità della griglia bensì al fatto che, scendendo dal cubo, con il dito rimasto incastrato in quella fessura, il peso corporeo della ragazza protesa verso il basso ne avrebbe determinato il distacco. I militari della locale Compagnia intervenuti sul posto, attraverso una prova empirica avevano accertato che i margini di quelle forme ovali, unite tra loro a comporre una parete divisoria collegata tra pavimento e soffitto, non erano taglienti. E il cubo era piuttosto un piedistallo in acciaio utilizzato come tavolino.

La difesa ha comunque chiesto che il processo venga dichiarato nullo: se di infortunio in contesto di lavoro si tratta, una riforma del 2017 prevede per questi procedimenti la presenza di un pm togato in aula e non del solo vpo. In quanto all’evento, sempre per la difesa non era prevedibile: il problema non era arrivato dal cubo ma dal grigliato e nemmeno la commissione del pubblico spettacolo, che aveva dato il suo benestare, ne avrebbe rilevato pericolosità.