Ravenna, adescava minorenni su Facebook

In Tribunale parla una delle vittime 14enni: "Chiedeva mie foto nuda e faceva domande sul sesso"

Facebook(foto archivio)

Facebook(foto archivio)

Ravenna, 9 aprile 2019 - «Mi faceva richieste esplicite, domande sul sesso e di inviargli delle mie foto nuda. E se mi fossi rifiutata diceva che avrebbe divulgato il mio numero di telefono, che peraltro non gli ho mai dato». Il papà è fuori dalla porta, ascolta ma con discrezione le parole della figlia, chiamata in un’aula di tribunale per testimoniare in quanto vittima di adescamento da parte di un individuo sui social. Era stato lui, dopo aver scoperto quei messaggi inequivocabili indirizzati alla chat messanger della pagina facebook della figlia, a presentare la denuncia.

I fatti risalgono al 2016 e lei all’epoca aveva 14 anni. L’imputato si chiama Rocco Tonetti, lombardo, e risponde di tentata prostituzione minorile. A questa accusa hanno portato le indagini della polizia postale di Bergamo. Proprio nelle ore in cui il Parlamento approvava la legge sul reato cosiddetto ‘revenge porn’, che punisce la diffusione di foto o filmati a scopo ritorsivo, a Ravenna si celebra un processo in cui si parla anche di ricatti a sfondo sessuale.

Perché ravennati sono le due giovani vittime. Entrambe, peraltro, amiche, con la seconda che sarà sentita in occasione della prossima udienza, fissata a maggio. Mentre ricevevano quei messaggi, le due giovanissime si erano confidate ed avevano cominciato ad allarmarsi reciprocamente. «Voleva vedere foto osé, faceva domande sul sesso orale – le parole della vittima –. La mia età era chiara, lui sapeva che avevo 14 anni. Diceva di essere un ragazzo, ma nel suo profilo vedevo la foto di un adulto: mi diceva che era la foto del padre morto».

Anche il genitore è stato sentito al banco dei testimoni. «All’inizio cercai di capire se fosse davvero un ragazzino, poi esplorando facebook mi accorsi che sotto quel nome c’erano due profili, tra cui quello di un adulto. Feci gli screenshot delle pagine e li consegnai alla polizia postale».

Tra luglio e agosto 2016 quell’uomo avrebbe contattato più ragazzi di una stessa classe. Le indagini della PolPosta portarono a un blitz nella casa dell’indagato. Qui trovarono una finestra aperta, computer e telefoni erano stati buttati di sotto e furono recuperati in giardino. «L’indagato disse che ne temeva il sequestro – ha spiegato un poliziotto – in ragione di precedenti denunce per pedopornografia». Le perizie diedero esito negativo, non fu trovato nulla di illegale. Ma l’hard disk nella caduta si era rotto, l’ipotesi è che ciò che si cercava fosse proprio lì.