
I carabinieri avevano contattato la donna dopo una chiamata interrotta dal luogo dell’incidente
Faenza, 6 febbraio 2025 – Davanti al giudice aveva assicurato che avrebbe voluto solo fermarla per riuscire a parlare, che stava cercando un chiarimento con lei. E così, dopo averle invano fatto segno da dietro con gli abbaglianti, aveva pensato di sorpassarla per piazzarsi dinnanzi e indurla a fermarsi. Un azzardo perché aveva finito con l’urtarla e mandarla fuori strada. "Ma non volevo farle del male, tantomeno ucciderla", aveva assicurato. Una versione che evidentemente non ha convinto il gip Janos Barlotti il quale gli ha negato i domiciliari a casa dei genitori.
Resta dunque in carcere il quarantottenne tecnico impiantista del comprensorio faentino arrestato martedì scorso a Brescia, dove si trovava per lavoro, in esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per tentato omicidio aggravato. La misura restrittiva era stata emessa dal medesimo gip su richiesta del pm Angela Scorza. A questo punto la difesa (avvocati Lorenzo Valgimigli, Alice Rondinini ed Elena Bianconcini) potrà giocarsi la carta del Riesame a Bologna anche sui medesimi temi giuridici già palesati: ovvero intenzionalità del gesto così come sin qui inquadrato e idoneità di quella manovra a uccidere effettivamente qualcuno.
L’episodio risale al pomeriggio del 19 gennaio scorso nella strada tra Sarna e Brisighella. Secondo quanto delineato sulla base delle indagini della Compagnia manfreda, l’uomo, dopo avere tallonato la moglie – una ultra-trentenne tutelata dall’avvocato Marco Emiliani – l’aveva sorpassata e speronata facendola finire fuori strada e a sua volta finendo fuori strada. Quindi aveva chiamato 118 e carro attrezzi; poi aveva accompagnato la consorte in ospedale (per lei prognosi di cinque giorni). Aveva inoltre rovistato nelle valige della donna per controllare magari se fosse intenzionata ad andarsene di casa. E si era recato in officina a prendere qualcosa dalla borsa della moglie. Il sospetto degli investigatori è che fosse andato anche per prelevare un gps piazzato sull’auto della donna.
Lei non aveva fatto denuncia per il tentato omicidio (una l’aveva fatta il 22 gennaio: ma per maltrattamenti). Tuttavia erano stati i carabinieri a contattarla dopo una chiamata interrotta dal luogo dell’incidente proprio perché il marito le aveva preso il cellulare dalle mani. Il contesto di coppia segnato da vari tira e molla con ultima riappacificazione del dicembre scorso e una denuncia di lei del 2019 per maltrattamenti culminata in un patteggiamento del maggio 2021 di lui a un anno, quattro mesi e 20 giorni (con pena sospesa), avevano finito con l’alimentare ulteriori sospetti per quella manovra stradale. Forse anche la chiamata di un passante aveva corroborato ipotesi diverse da un incidente stradale.
I militari avevano inoltre saputo che giusto la notte prima i due avevano litigato e che lei aveva rinunciato a un’uscita con le amiche. Il giorno dello schianto, lui, con la scusa di un caffè tutti assieme, l’aveva raggiunta mentre lei era a pranzo con una parente.
Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, il quarantottenne davanti al gip Barlotti aveva insistito a più riprese per una manovra stradale del tutto involontaria: forse imprudente ma involontaria perché lui non voleva di certo uccidere la moglie. Avrebbe cioè voluto fermarsi davanti all’auto di lei finendo invece per sbattere contro la vettura in una carambola irreversibile quanto imprevedibile.
In quanto all’incontro tra le due auto proprio su quella strada, aveva detto che si era trattato di un evento casuale: dopo il caffè, ciascuno dei due era risalito in auto imboccando strade differenti verso Faenza salvo poi incrociarsi poco prima del punto dell’impatto. Come dire che non c’era stato nessun inseguimento o gps a calamita.
Il quarantottenne aveva avuto anche modo di dare la sua interpretazione sull’episodio del telefono: una sorta di premura per accelerare la manovra di uscita della donna dalla vettura incidentata. Quanto alle valige, contenevano sue cose di lavoro. E all’interno della borsa della moglie erano presenti documenti medici utili a lei.
Spiegazioni che non sembrano però, almeno fin qui, avere minato gli indizi alla base dell’impianto accusatorio e i motivi legati alla necessità della custodia cautelare.