ANDREA COLOMBARI
Cronaca

Moglie uccisa nella vasca. I figli: "Lui si occupava di tutto. Nostra madre era un vegetale"

In aula i testimoni restituiscono il ritratto di un uomo che fino all’ultimo si è prodigato per la donna malata di Alzheimer, preoccupato del suo imminente trasferimento in rsa.

L’avvocato Antonella Monteleone con il procuratore capo Daniele Barberini (Zani)

L’avvocato Antonella Monteleone con il procuratore capo Daniele Barberini (Zani)

Figli, parenti, amici di famiglia, medici di base. Tanti testimoni quelli sentiti ieri mattina in corte d’assise. Un unico ritratto: quello di un uomo che si è fatto carico fino all’ultimo della moglie malata di Alzheimer spendendo in quella missione ogni milligrammo della sua energia. Fino ad arrivare a uccidere la donna alla vigilia del trasferimento in una rsa per il cruccio di vederla finire in uno di quelli che una volta venivano chiamati “ospizi per anziani“.

Enzo Giardi, 78 anni, difeso dagli avvocati Monica Miserocchi e Antonella Monteleone, ieri mattina non c’era in aula. C’erano però, tra gli altri, i suoi due figli: per parlare di tutto il percorso di assistenza della moglie - la loro madre - dalla diagnosi del grave disturbo cognitivo fino all’omicidio avvenuto il 9 settembre dell’anno scorso quando l’uomo annegò la consorte, la 78enne Piera Ebe Bertini, nella vasca da bagno.

"Quel giorno - ha ricordato il figlio Patrik - ero al lavoro a Bologna quando ricevetti una chiamata da mio padre: mi disse che mia madre era morta nella vasca, che aveva finito di soffrire. Non capivo, tornai subito a casa". E a quel punto la fotografia della tragedia si era fatta più nitida: "Trovai mio padre fuori casa, su una sedia, circondato dai carabinieri. Gli chiesi cosa fosse successo: mi disse che aveva posto fine alla vita di sua moglie. Ebbi un momento di sconforto". Il padre gli parlava "in maniera spaesata: come se non si rendesse conto. A richiesta di spiegazioni mi diceva: ’ora sono qui, se non ho niente da fare’. Non si rendeva conto". Erano stati i carabinieri a spiegargli meglio l’accaduto e ad allontanarlo.

"Mia madre era completamente allettata: negli ultimi mesi era diventata una sorta di vegetale che spostavamo dalla sedia al letto". Non parlava, non camminava: "Era dal 2023 in queste condizioni gravi, non mi riconosceva da tempo. Solo mio padre si prendeva cura di lei. Io lo aiutavo a lavarla: per il resto, faceva lui, tutti i giorni". In generale "aveva sempre cercato di non creare fastidio, non si è mai lamentato. Tanti i momenti di confronto in argomento: avevamo parlato di badante ed eravamo in lista per una rsa ma avevamo già rifiutato un paio di proposte. L’ultima si era presentata pochi giorni prima". Tanto che il trasferimento della donna era previsto per il giorno successivo all’omicidio, il 10.

"C’era già un’ambulanza prenotata". Ma davanti a quella opzione, l’imputato ebbe "due giorni di confusione totale se accettare il trasferimento o no. Era combattuto se metterla in una rsa, un posto dove a suo avviso non avrebbero potuto trattarla come la trattava lui. Si chiedeva cosa avrebbe voluto lei". Perché sulle rsa, c’erano state due esperienze negative legate alla nonna paterna e a quella materna. "La prima fu tragica: lui dopo due giorni andò a riprenderla perché lei aveva pure tentato di suicidarsi. La nonna materna era stata portata" perché era diventata non autosufficiente dopo una caduta in casa. "Fino al 2015 mia madre stava bene: non c’era bisogno parlarle di rsa. Il concetto di ospizio però non le apparteneva e mai sarebbe voluta andare. Lui aveva fatto una sorta di promessa: non la avrebbe mai abbondata: finché avesse potuto, l’avrebbe seguita". In totale con lei "era impegnato 6-8 ore al giorno. Quando lei dormiva, lui andava a fare la spesa. Non si dedicava ad altre cose, faceva lo stretto indispensabile". Le condizioni della donna erano via via peggiorate dal 2015: "Perdite di memoria, domande ripetute sempre più frequenti. Alla prima visita, non seppe dire la sua data nascita. Poi ci fu la fase delle allucinazioni, la perdita dell’orientamento, l’aggressività, il non riconoscere le persone o pensare di essere in casa" con altre persone. E negli ultimi tempi "non riusciva più a stare dove la sistemavamo, vedi il bagno". Ecco affacciarsi la improrogabile necessità di una rsa. "L’8 sera lui sembrava tranquillo". Nessun dubbio sul padre: "Ha fatto tutto quello che doveva fare, si è portato a casa un fardello infinito".

Un quadro condiviso dalla sorella Erika: "Sempre lui si occupava di mia madre. Dopo tanti ragionamenti, pensammo alla rsa. Lui alla fine accettò quando si rese conto che lei a breve non sarebbe stata più gestibile: ma se avesse avuto forza di reggersi in piedi, lui l’avrebbe accudita". E a inizio ottobre sarà proprio il padre a parlare in aula di questa storia che potrebbe essere la storia di uno qualsiasi di noi.

Andrea Colombari