Morte al porto, l’autopsia smentisce il malore "Fu schiacciato dal muletto del collega"

Indagati per omicidio colposo chi guidava il mezzo e il legale rappresentante del terminal. La vittima, 60 anni, era prossima alla pensione

Aveva sessant’anni, Franco Pirazzoli, e sarebbe andato in pensione di lì a pochi giorni giorni. Un collega raccontò di averlo visto accasciarsi sulla banchina del porto, sotto il sole di agosto. Testimonianza che inizialmente portò ad accreditare l’ipotesi del decesso per cause naturali, ma che l’esito dell’autopsia a distanza di due mesi ha clamorosamente smentito. Quell’uomo morì per un trauma da schiacciamento e trascinamento, verosimilmente ad opera del muletto guidato dallo stesso collega che col suo raccontò orientò le indagini verso il malore come causa della morte. Il mulettista – difeso dall’avvocato Stefano Dalla Valle – ora è indagato per omicidio colposo, con lui lo è anche il legale rappresentante – tutelato dall’avvocato Carlo Benini – del terminal container che fu teatro della tragedia. Quell’operaio fu visto a terra e così, complici i problemi di salute di cui soffriva, e si pensò a un infarto. In buona sostanza c’è voluta l’autopsia per scoprire che aveva lesioni interne sospette e un quadro non sovrapponibile a quello di un decesso per cause naturali.

La svolta la si deve a un’intuizione del Pm Cristina D’Aniello, che da subito valutò elementi di dubbio sulle cause di morte. Quel giorno, infatti, alla Procura fu data dalla Polizia portuale la comunicazione del decesso per malore di un operaio, dipendente di una ditta interinale che fornisce manodopera a un’azienda che opera nel bacino portuale. Dopo la richiesta di intervento alla centrale operativa di Romagna Soccorso, al personale medico e infermieristico delle ambulanze una volta sul posto non restò che constatare la morte e il medico del 118 confermò l’ipotesi delle cause naturali, avvalorando la tesi del malore anche perché quell’uomo aveva problemi cardiaci. Ipotesi che lasciò perplesso il pubblico ministero, che chiese comunque l’intervento della Medicina del lavoro dell’Ausl e dispose una prima ispezione esterna sul corpo, in carico all’autorità giudiziaria. E gli accertamenti alla medicina legale, pure in assenza di traumi esterni evidenti, fecero subito emergere dubbi ulteriori.

È stata così disposta l’autopsia che ha attribuito a un’azione di schiacciamento, con lesione della colonna vertebrale, la causa di morte. Si trattò, dunque, di un incidente sul lavoro e non di un infarto. Le successive indagini, affidate alla Squadra Mobile della questura ravennate, hanno fatto emergere che quell’uomo – i cui familiari ora sono assistiti dall’avvocato Giovanni Scudellari – è caduto perché colpito da qualcosa che l’ha ucciso. E quel qualcosa sarebbe stato proprio il muletto del collega. Gli investigatori della Mobile hanno ascoltato i colleghi e i responsabili aziendali, mentre la Medicina del lavoro si è occupata degli aspetti inerenti il rispetto delle norme e delle procedure in materia di sicurezza sul lavoro. L’indagine è ancora aperta e altri accertamenti hanno portato ad escludere, al momento, scenari più foschi e ulteriori ipotesi di reato. Non risulta vi fossero stati screzi o problemi tra i colleghi, anzi la vittima probabilmente non si sarebbe accorto di nulla, e così probabilmente anche il conducente del muletto che lo ha investito.

Lorenzo Priviato