Ravenna, morte in clinica: risarcimento di 700mila euro

Il giudice civile ha condannato la Domus Nova e due medici per la morte di un’anziana cui fu somministrato un farmaco in eccesso

Due medici e la clinica privata sono stati condannati a un maxi risarcimento

Due medici e la clinica privata sono stati condannati a un maxi risarcimento

Ravenna, 11 maggio 2022 - Il giudice del tribunale civile di Ravenna Alessia Vicini ha condannato la clinica ravennate Domus Nova e due medici della struttura a risarcire con oltre 700mila euro, accogliendo la richiesta della difesa dei familiari di una donna, morta a 81 anni, l’11 maggio 2018. Nel valutare il danno non patrimoniale il giudice ha concordato con l’esito della consulenza tecnica d’ufficio: sussiste il nesso causale tra l’errata ed eccessiva somministrazione di un farmaco, che ha provocato gravi effetti collaterali e la morte dell’anziana.

Alla donna, ricoverata nella clinica, è stata infatti somministrata quotidianamente la dose del medicinale che doveva invece assumere in una settimana: questo, aveva stabilito la consulenza, ha agito come causa scatenante dell’alterazione di un equilibrio clinico-funzionale della paziente, innescando una cascata di eventi che ha portato al decesso e riducendo pesantemente le possibilità di sopravvivenza. I familiari della donna sono difesi dagli avvocati Chiara Rinaldi e Maria Federica Celatti. La clinica è assistita dall’avvocato Donatella Dalmonte, i due medici dall’avvocato Francesca Giardini. Sul piano penale i due medici, difesi dall’avvocato Giovanni Scudellari, sono stati condannati a novembre, uno a otto mesi, l’altro a sei mesi e una terza dottoressa, che ha chiuso il procedimento civile con una transazione, è stata rinviata a giudizio.

L’anziana era stata ricoverata il 25 aprile di quell’anno, affetta da un’infezione urinaria e da una sospetta frattura sacrale.Secondo l’accusa i tre medici avevano "disatteso clamorosamente" le prescrizioni terapeutiche domiciliari già indicate nei tempi di somministrazione e nei dosaggi dal medico curante, prima dell’ospedalizzazione per curare un’artrite reumatoide. Alla degente furono così somministrate dosi massicce di ’Methotrexate 2,5 mg’: anziché tre compresse a settimana, trecal dì per 13 giorni, cioè un totalecdi 39. La perizia della professoressa Federica Bortolotti, depositata al gup Galanti, individuava un grossolano errore del medico di guardia (quello ancora da sottoporre a giudizio) che il 25 aprile fece la prima prescrizione terapeutica, senza considerare la posologia domiciliare e segnalare evidenti criticità nella gestione terapeutica e nel percorso diagnostico che ha condotto alla individuazione della tossicità.

Il perito evidenziava anche l’omissione degli infermieri che non valutarono come sbagliata la prescrizione, segnalando la condotta dei medici che seguirono il caso dall’5 all’8 maggio, senza rivalutare clinicamente la paziente, nonostante la variazione del quadro clinico. Già in corso di indagine era stata disposta una prima perizia, che arrivò a conclusioni leggermente diverse, sulle quali faceva leva la difesa dei due medici.