Morto dopo l’incidente Quattro medici nei guai

L’uomo, 84 anni, era deceduto 32 giorni dopo essere stato centrato da un’auto. I professionisti che lo hanno curato indagati assieme all’investitore

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Un incidente stradale quello verificatosi verso le 18.20 del primo luglio dell’anno scorso tra piazza Sercognani e via Cavalcavia a Faenza, che ha finito con l’inguaiare sia l’automobilista che aveva travolto il pedone 84enne che i quattro medici del nosocomio manfredo che avevano provato a curare il ferito.

Il decesso dell’anziano, avvenuto il 3 agosto successivo all’impatto (cioè 32 giorni dopo), ha infatti alimentato due perizie: la prima sulla dinamica dello schianto e l’altra sugli aspetti medico-legali. E così, già in avvio a febbraio di incidente probatorio davanti al gip Corrado Schiaretti, l’automobilista, un 90enne faentino difeso dall’avvocato Laerte Cenni, era stato indagato per omicidio stradale. Mentre i quattro medici – difesi dagli avvocati Ermanno Cicognani, Giovanni Scudellari, Domenico Benelli ed Eleonora Raggi – erano stati indagati per omicidio colposo in cooperazione. Ieri mattina nuova udienza davanti al gip: subito rinviata a inizio novembre per questioni procedurali.

Nel frattempo però sono state depositate le conclusioni degli esperti nominati dal tribunale per fare luce sui fatti. Partiamo allora da quelle sulla dinamica dell’incidente affidate all’ingegner Francesco Rendine. Secondo quanto ricostruito, quel giorno l’81enne stava attraversando la strada sulle strisce pedonali: quando era ormai giunto al termine, il 90enne, che si stava immettendo sul cavalcavia, lo aveva investito con la parte anteriore destra della vettura fermandosi dopo una trentina di metri. Un impatto tutt’altro che devastante tanto che l’84enne era rimasto in piedi per essere poi portato in ospedale a causa di una lussazione e di una frattura a un piede. Secondo l’esperto, la segnaletica presente in quel punto avrebbe dovuto indurre l’automobilista 90enne a essere più attento sebbene la sua velocità, calcolata tra i 35 e i 45 orari, fosse tutt’altro che elevata (in quel punto il limite è dei 50 orari). Avrebbe cioè dovuto e potuto rendersi conto del pericolo legato al pedone in attraversamento.

L’incidente in definitiva per la perizia è stato alimentato dalla sua guida bollata come distratta-superficiale: il 90enne aveva in particolare sovrastimato la velocità di attraversamento dell’84enne tanto da avere iniziato a frenare solo dopo l’impatto quando invece avrebbe dovuto fermarsi e attendere fino al completo passaggio del pedone. E qui si arriva a quella che al momento viene indicata quale ulteriore concausa della morte. Le conclusioni raggiunte dai medici legali Federica Bortolotti e Salvatore Monaco indicano profili di malpratica professionale in particolare per un punto specifico, con scostamento dalle linee guida. Nel dettaglio, l’uomo era morto per un grave ictus ischemico cerebrale arrivato nel contesto di pregressi problemi cardiaci.

Secondo gli esperti, non era stato trattato con adeguata terapia anti-coagulante: ciò avrebbe avuto avuto un ruolo nella trombo-embolia fatale. Vedi l’eparina, non somministrata dopo l’intervento dell’8 luglio per il trauma stradale patito.

Andrea Colombari