Mucca pazza, donna morta a Ravenna. "Autopsia pericolosa"

Le prescrizioni della Procura nell’inchiesta per omicidio colposo con 40 indagati

Medici in ospedale (foto di repertorio)

Medici in ospedale (foto di repertorio)

Ravenna, 18 maggio 2019 - Non sarà un’autopsia come tutte le altre. Anzi, è la stessa Procura a definirla «pericolosa» in ragione del tipo di morbo che avrebbe ucciso la paziente: quello di Creutzfeldt-Jakob, meglio noto come Mucca pazza.

Ed è dunque lo stesso Pm Monica Gargiulo a invitare i consulenti tecnici da lei incaricati, unitamente a quelli che saranno scelti dagli indagati e dalla famiglia della vittima, alla massima prudenza. Il contagio, infatti, avviene per contatto con materiale infetto.

Esposti a particolari rischi sono proprio medici e personale paramedico. E sono ben quaranta, appartenenti ai reparti Infettivi e Neurologia, quelli indagati con l’accusa di omicidio colposo per il decesso della donna, 59enne, avvenuto lo scorso 5 maggio dopo che era stata trasferita più volte di reparto durante un mese di ricovero all’ospedale di Ravenna. Il primo reparto ha nominato in blocco come legale difensore l’avvocato Giovanni Scudellari, la Neurologia sarà tutelata dall’avvocato Ermanno Cicognani.

Altra singolarità, a compiere l’autopsia, programmata per lunedì mattina all’obitorio dell’ospedale Bellaria di Bologna, non sarà un medico legale ma una coppia di anatomopatologi, Carmine Gallo e Irene Facchini, esperti nella diagnosi della patologia della Mucca pazza. A loro il Pm ha posto una serie di quesiti che dovranno chiarire (entro 60 giorni) se la diagnosi di decesso fatta dall’ospedale sia corretta, descrivere quelle che erano le condizioni della paziente e se eventuali interventi o terapie ne avrebbero evitato la morte. Da ultimo dovranno indicare chi, del personale, ha eventualmente omesso queste cure. Vista la complessità del caso, assieme ai due consulenti lavorerà un terzo esperto, il neuropatologo Piero Parchi.

A innescare la maxi indagine è stata la denuncia presentata dalla figlia della vittima, tutelata dall’avvocato Francesco Furnari che come proprio consulente per l’autopsia ha indicato il medico Matteo Tudini. Per le difese ci saranno i consulenti Donata Dal Monte, Mauro Berardi e Mauro Gherardi. In passato la donna aveva curato, guarendone, un linfoma all’Irst di Meldola.

Ricoverata il 7 aprile a Ravenna per via dello stato di malessere che era tornato, da lì è cominciato il suo calvario dato che prima, al reparto Infettivi, le era stata diagnosticata una sospetta polmonite, quindi in Neurologia, dove era stata trasferita, una encefalite auto-immune, infine il morbo Creutzfeldt-Jakob, la diagnosi di decesso. Sarebbe stata esclusa, attraverso una apposita tac, una recidiva del tumore. Le terapie cortisoniche e antibiotiche cui la donna era stata sottoposta non hanno sortito effetto, dal primo maggio è entrata in coma e pochi giorni dopo è deceduta. Lunedì si saprà qualcosa di più di questa delicata vicenda, ma per avere risposte definitive occorrerà attendere parecchio.