Omicidio Ilenia Fabbri: "Nanni imputato di un processo mediatico"

Per l’omicidio di Ilena Fabbri l’avvocato del marito Claudio Nanni, Francesco Furnari. ha presentato ricorso in appello. L’obiettivo è ribaltare la condanna all’ergastolo in primo grado anche rinnovando il dibattimento con nuove testimonianze

Claudio Nanni

Claudio Nanni

Faenza, 17 luglio 2022 - Se la prende con tutti: con la sentenza di condanna, con la stampa e il suo “processo mediatico”, con il presidente della corte d’assise e le sue “evidenti prevaricazioni immotivate”, con il sicario e le sue “spudorate menzogne”. E ancora con le “voragini investigative” della procura e con alcuni testimoni “accecati dall’astio”. Un fiume colmo di recriminazioni quello di Claudio Nanni nel ricorso a firma del suo avvocato Francesco Furnari. La richiesta è netta: ribaltare l’ergastolo anche rinnovando il dibattimento con nuove testimonianze. O comunque concedergli le attenuanti generiche perché “ha spontaneamente rinunciato all’eredità” e ha “sin da subito confessato fornendo ovviamente la propria versione dei fatti”. E cioè che la mattina del 6 febbraio 2021 non aveva mandato l’ormai ex amico Pierluigi Barbieri, nato a Cervia ma residente nel Reggiano, a massacrare la moglie Ilenia Fabbri, da cui si stava separando, nella sua casa di via Corbara a Faenza. Ma lo aveva inviato – così aveva detto – solo per spaventare la donna e farla desistere dalle continue richieste di danaro (vedi la causa di lavoro da 500 mila euro).

“Il paradigma tragico – esordisce il legale – è ancora una volta il medesimo: un marito insano e ossessivo” che “commette l’empio gesto verso la moglie”. Insomma, “uno schema rispetto al quale qualunque deviazione viene avvertita come ostile e falsa”. E qui, sotto al fuoco, ci finisco i giornali per quella che viene bollata come “odiosa e insensata bulimia mediatica ai danni” del Nanni. Qualcosa insomma capace di offrire “all’opinione pubblica – e ai futuri giudici popolari – il ritratto del ‘mostro’”. Due le richieste ai giudici bolognesi che lo dovranno processare in appello: acquisire l’audio della confessione resa dal Barbieri in questura il 17 marzo 2021. E, cosa di “capitale importanza per la difesa”, ascoltare la moglie di un amico contro cui Barbieri aveva inveito nel corso di un’udienza di separazione, testimonianza “non assunta” dalla corte. A questo punto il legale si pone un interrogativo provocatorio: “Dove trae le proprie origini un simile atteggiamento ostruzionistico da parte del collegio bizantino e in particolare del suo presidente?”. La risposta, sempre secondo il ricorso, andrebbe individuata nell’ambito di frizioni all’interno della magistratura dato che “nelle motivazioni di condanna, l’estensore”, cioè il presidente Michele Leoni, “dedica ben 10 pagine per demolire quella che definisce la ‘sciagurata ordinanza presidenziale’”. Ovvero quella relativa alla separazione: “Il presidente, senza mezze misure, scardina il ragionamento battuto dal giudice assegnatario, Roberto Sereni Lucarelli, colpevole, secondo lui, di avere lasciato Ilenia in balia del mostro”. Ebbene, sempre secondo il legale, ciò rappresenterebbe “la punta dell’iceberg di una vicenda ben più complessa che ha visto i due magistrati contrapposti per il prestigioso ruolo di presidente del tribunale”, partita che, “a seguito di numerosi ricorsi, segnava la vittoria del giudice estensore”, ovvero Leoni.

Altri dubbi ancora vengono sollevati sulla credibilità delle confessioni del Barbieri: “I certificati medici ne illuminano una personalità violenta e disturbata” con “diari clinici ove abbondano riferimenti a cocaina, autolesionismo, traumi infantili, incapacità di gestire la rabbia”. Insomma, “un soggetto poco credibile” che, dopo avere letto l’ordinanza cautelare, “decide di giocare l’ultima carta a sua disposizione: confessa ciò che non poteva essere sconfessato – il brutale omicidio – e punta il dito su Nanni”. Solo una “strategia processuale per alleggerire il più possibile la propria posizione” tra “racconti al limite del favolistico” e “invenzioni narrative” senza “riscontri investigativi”. In quanto alle minacce riferite da terzi sul conto della defunta, il legale si domanda se non si tratti di “un copione, almeno in parte, già scritto” giacché “con grave rammarico” segnala alla corte d’assise d’appello che “la signora Fabbri non era persona nuova a questo genere di escamotages”.