"Nel calcio e nella musica conta il collettivo"

Riccardo Muti e Arrigo Sacchi all’Alighieri. L’ex allenatore: "L’armonia migliora il talento". Il direttore d’orchestra: "Serve autorevolezza".

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Il concerto per partita e partitura. Lo definisce così il giornalista Armando Torno, chiamato nel non semplice ruolo di ‘arbitro’ del confronto tra Riccardo Muti e Arrigo Sacchi. Torno lo confessa: "Non sono riuscito a mettere a punto un programma per la serata assieme a loro. Andremo a braccio".

E così emergono le idee di due autentici leader: la testa più dei piedi, la cultura nella musica come nel calcio, lo spirito di squadra. Muti e Sacchi trovano la sintesi dei loro ragionamenti dopo un’ora di dialogo. Quando Torno chiede loro cosa pensano dell’avere nella squadra-orchestra una ‘prima donna’, il calciatore-musicista di grido. "Non serve una stella in campo se non fa gioco di squadra, se non si applica, non si sacrifica. Glielo spiegavo 2, 3 volte, ma se non si adattava lo tenevo giù” dice Sacchi.

E Muti: "Ecco, l’orchestra ha molte analogie con il calcio di Arrigo". Il direttore d’orchestra racconta di quella volta che un tenore gli chiese più volte di poter fare il gol, che nell’opera è l’acuto. "Dissi sempre di no, perché la partitura non lo prevedeva. Così, terminate le serate mi venne a salutare e uscito si lasciò andare a un acuto che finì con una stecca. Io uscii dal camerino e gli dissi: adesso hai capito perché non te l’ho fatto fare".

Il Maestro e l’Allenatore. Riccardo Muti, direttore d’orchestra ‘mondiale’, e Arrigo Sacchi, allenatore del Milan ‘stellare’. "Arrigo mi ha fatto gioire, mi ha fatto provare l’orgoglio di essere italiano. Ma in lui c’è anche l’etica dello sport, l’etica dello stare insieme" dice Muti. Che è di casa al Teatro Alighieri, dove in queste settimane tiene l’Opera Academy con tanti giovani che vengono da tutto il mondo per studiare con lui.

Sacchi un leader, Muti, un leader. Dice l’allenatore: "La leadership si conquista con autorevolezza sommata alla conoscenza. Ho sempre pensato che per fare una squadra servano giocatori che si applicano con modestia, entusiasmo, intelligenza. Per questo non mi piacevano e non mi piacciono persone presuntuose, individualiste. Purtroppo in Italia, in ogni ambito, è difficile fare squadra".

Se è difficile amalgamare 22 giocatori, figuriamoci gestire un’orchestra di 100 persone. "Trovi personalità una diversa dell’altra. Chi si porta i problemi che ha a casa, chi con la musica supera tutto. Ma senza l’amalgama non si ottiene risultato. Se urli non ottieni nulla. È con l’autorevolezza che porti l’orchestra verso l’armonia. Credo che questo sia anche il senso della società".

"Anche perché - incalza Sacchi – l’armonia e l’amalgama migliorano il talento. Quando Van Basten venne al Milan non sapeva cos’era il Pallone d’Oro. Con me ne vinse tre. E’ così che quando vincemmo la prima Coppa dei Campioni, l’Equipe scrisse di noi ‘usciti da un altro mondo’. Vincemmo giocando bene, senza chiuderci in difesa dopo il primo gol, ma segnandone altri tre. Questo per me è essere squadra".

Muti chiude con Raffaello e l’epigrafe che è sulla sua tomba al Pantheon: "La natura, quando Raffello era in vita, temette di essere vinta da lui, ma morendo Raffaello temette di morire con lui".

Lorenzo Tazzari