"Nella vita, come in bici, conta saper rialzarsi"

Davide Cassani, ex ct della Nazionale azzurra e presidente Apt, questa sera a Cervia racconta il suo libro ’ Ho voluto la bicicletta’

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Nell’ambito della rassegna ‘La spiaggia ama il libro’, questa sera – alle 21, al giardino del Grand Hotel di Cervia, conduzione di Margherita Barbieri – si parlerà di sport e turismo con l’assessore regionale Andrea Corsini e con Davide Cassani, ex ciclista professionista, ex commentatore Rai, ex ct della nazionale azzurra ed ora presidente dell’Apt regionale. Cassani – che sta lavorando anche all’ambizioso progetto di un team tutto italiano di ciclismo professionista – presenterà il libro ‘Ho voluto la bicicletta. Come il ciclismo mi ha insegnato a vivere’, scritto per Rizzoli, con Alessandra Giardini e Giorgio Burreddu.

Cassani, per lei il ciclismo è stato metafora della vita?

"In effetti, la bicicletta è stata la mia compagna per tutta la vita, e mi ha permesso di realizzare tutti i sogni, fin da bambino. Una compagna che non mi ha mai tradito e che, anch’io, non ho mai tradito".

Che libro è ‘Ho voluto la bicicletta’?

"Attraverso il ciclismo racconto la mia vita, ma soprattutto quello che mi ha insegnato la ‘bicicletta’, ovvero a superare i tanti momenti difficili".

Il ciclismo è fatto di salite e di discese, ma anche di cadute... "È così. La prima cosa che fa un ciclista quando cade, è rialzarsi, ovvero riprendere la bici e tornare in gruppo, senza preoccuparsi di essersi rotto qualcosa. Così nella vita. Prima di tutto bisogna rialzarsi. Poi si analizzerà quello che è successo".

Ricorda la caduta più rovinosa della sua carriera da atleta? "Quella del febbraio ’96, che mi ha costretto ad abbandonare il ciclismo professionistico. Ma mi sono rialzato subito. Dopo un mese mi chiamò la Rai. Chiusi il capitolo da ciclista ed aprii quello da commentatore, durato 18 anni".

E la caduta più rovinosa nella vita?

"La fine del rapporto con la Federciclismo nel 2021 non è stata idilliaca. Però, anche in quel caso, ho cercato di guardare avanti. Per qualche ora, quell’evento, mi ha lasciato un po’ di tristezza e di rammarico, ma poi mi sono subito riorganizzato".

In che modo?

"Coltivando il mio nuovo obiettivo di allestire una squadra professionistica italiana".

Obiettivo ambizioso, che vedrà la luce quando?

"Stiamo lavorando senza paura e con coraggio, perché avvenga nel 2024".

Allora è vero che nel ciclismo non serve solo la gamba, ma anche la testa?

"Soprattutto la testa. Non sempre il corridore fisicamente più forte, porta a casa la vittoria. Per vincere, servono tante doti: pazienza, costanza, allenamento, tattica, strategia e forza".

Dunque, un gregario, come lo è stato lei, che diventa ct e poi presidente dell’Apt, significa che ha avuto testa?

"Essere un gregario è un privilegio. Io lo considero un complimento, perché vuol dire che, nel mio ruolo, ho lasciato il segno. È come il ‘discreto’ calciatore, che diventa un ‘grande’ allenatore. Sono 2 lavori diversi".

Da presidente dell’Apt, che estate stiamo vivendo?

"I numeri sono incoraggianti, ci stanno dando risposte positive. Le nostre coste sono piene. Albergatori e ristoratori sono contenti. Le città d’arte hanno superato il momento di difficoltà".

Avete raggiunto gli obiettivi prefissati?

"In partenza, l’obiettivo era quello di tornare ai numeri dell’estate 2019. Credo ci riusciremo".

Roberto Romin