
La motivazioni della corte d’appello su una sentenza che ha fatto discutere, diviso opinione pubblica e persino magistrati. Riguardo all’ex calciatore che filmava, "non emerge una condotta compartecipativa".
I testimoni presenti avevano detto il vero. E "la dinamica degli eventi e dei contegni degli imputati, induce ragionevolmente e escludere che potessero rendersi conto che" la ragazza "non fosse rientrata in possesso delle capacità di determinarsi sessualmente". In quanto poi a chi che aveva filmato il rapporto, "non è emersa una condotta compartecipatava" al di là della "mera videoregistrazione".
È il nucleo delle motivazioni, appena depositate, con le quali la corte d’appello di Bologna il 15 aprile scorso aveva confermato l’assoluzione dei due giovani accusati di avere violentato e filmato la notte tra il 5 e il 6 ottobre 2017 una 18enne approfittando del fatto che la giovane fosse ubriaca. Si tratta di un 34enne e di un 33enne, rispettivamente ex calciatore del Ravenna calcio, difeso dagli avvocati Raffaella Salsano e Francesco Papiani, e commerciante di auto usate, assistito dagli avvocati Silvia Brandolini e Carlo Benini. Il primo era indicato come chi aveva incitato riprendendo la scena con il telefonino; e l’altro come chi aveva materialmente abusato della 18enne. La procura generale aveva chiesto condanne rispettivamente a 4 e 7 anni. La spiegazione fornita dalla Corte bolognese per l’assoluzione, ricalca quella uscita dalla penna dei giudici del tribunale di Ravenna i quali l’8 febbraio 2022 avevano già sconfessato l’ipotesi stupro.
Secondo l’accusa, la ragazza era stata abusata e filmata in un appartamento nel quale era stata accompagnata a spalla dopo una serata alcolica in un locale a ridosso del centro. Dopo l’assoluzione di primo grado, c’erano state diverse polemiche e anche un corteo organizzato da associazioni contro la violenza di genere.
A suo tempo due differenti gip, sulla base delle dichiarazioni della ragazza e soprattutto delle immagini, avevano applicato a entrambi i sospettati la custodia cautelare in carcere. Ma la versione dello stupro era stata sconfessata dai successivi giudicanti che si erano susseguiti nel caso, a partire dal Riesame bolognese che aveva scarcerato i due accusati, i quali avevano sempre sostenuto che la ragazza fosse consenziente.
Per i giudici d’appello, l’incapacità della 18enne a esprimere un consenso sessuale - così come sostenuto dall’accusa - non appare "logicamente compatibile rispetto alla successione dei fatti". In particolare il comportamento dei due imputati in quella serata "mal si concilia con l’intento di volere approfittare delle condizioni della ragazza". Peraltro "mentre lei si stava riprendendo, dando anche segnali concreti di una recuperata capacità di autodeterminazione". Vedi "l’interazione telefonica con la madre a cui" la giovane "ebbe a fornire risposte congrue alle sue domande". Del resto dal locale in stato di ebbrezza era uscita verso l’una: e il rapporto registrato risale alle 4.22. In quell’arco di tempo, i due imputati avevano "insistito per riaccompagnarla a casa, avevano cercato di aiutarla a recuperare coscienza facendole fare docce fredde, lasciandola dormire e facendole il caffè". E con riferimento all’atto sessuale, "va condiviso il giudizio espresso" dai giudici precedenti in ordine "alla percezione del filmato" nel quale si vede la ragazza "appoggiare un braccio attorno alle spalle" del 33enne, "accarezzargli il viso e la nuca, e toccargli la schiena". Come dire "momenti di interazione in linea con l’iniziativa assunta" dalla 18enne "all’atto sessuale": dal punto di vista tecnico, "incompatibile con l’induzione attiva", spina dorsale della contestazione di violenza sessuale di gruppo mossa contro i due giovani.
Andrea Colombari