Oggi festa dell’albero E il pensiero va alla nostra pineta

Settant’anni fa una circolare ministeriale stabiliva che la Festa degli alberi venisse celebrata ogni anno nella giornata del 21 novembre, fatta eccezione per i comuni di montagna che l’avrebbero celebrata il 21 marzo. All’epoca frequentavo le elementari e ricordo che la maestra Fernanda Ricci Olivieri ci portò all’ippodromo per partecipare a questa festa. La nostra, però, non fu una partecipazione passiva perché quel giorno venne consegnata a ognuno di noi una piantina di pino che mettemmo a dimora nei solchi tracciati dalle guardie forestali e che nel giro di pochi anni avrebbero formato un folto boschetto. In quell’occasione il preside del “classico” Alieto Benini parlò dell’importanza degli alberi e invitò i presenti a rispettarli. Partecipò alla giornata anche l’arcivescovo Egidio Negrin che impartì la benedizione alle piante. Alla fine della cerimonia vennero consegnate agli alunni alcune piantine con l’invito di trapiantarle nel cortile di casa.

Gli alberi, e soprattutto i pini, hanno sempre avuto uno stretto rapporto con la città. La pineta di Ravenna fu definita da papa Sisto V "ornamento d’Italia", mentre Santi Muratori la chiamò "poema sinfonico della nostra terra". All’inizio degli anni Cinquanta la nostra pineta era florida e rigogliosa ma una gran parte sarebbe stata sacrificata per lasciare il posto alle fabbriche e ben presto l’odore della resina si sarebbe mescolato con il fumo delle ciminiere. Molti scrittori e poeti hanno cantato le bellezze della nostra pineta. Francesco Ginanni, alla fine del Settecento, pubblicò “Istoria civile e naturale delle pinete ravennati”.

Anche Jacopo Landoni avvertì il fascino della pineta alla quale dedicò un poemetto (‘Il pineto’), mentre Luigi Rava pubblicò un opuscolo legato alla sua famosa legge del 1905 a tutela del grande bosco ravennate. In tempi recenti Dante Arfelli dedicò alla pineta pagine bellissime mentre Eugenio Guberti ambientò nel bosco ravennate la sua famosa commedia “Al Tàtar”. Anche Dante, Boccaccio e Byron ebbero un robusto feeling con la nostra pineta. Ma il messaggio più bello viene dal poeta Diego Valeri, che visse a Ravenna alcuni anni e che in un suo elzeviro sul “Carlino” mise in bocca al Ginanni questa domanda: "Amico mio, che cosa ameranno gli uomini quando saranno riusciti a disamorarsi anche delle piante, delle sorelle piante, bellissime e silenziose?". Ce lo chiediamo anche noi, oggi, di fronte a quello che resta della nostra bellissima pineta.

Franco Gàbici