
Alcuni dei documenti contenuti nel nuovo Polo archivistico faentino (foto Tedioli)
Pergamene in latino medievale del X secolo, mappe in cui la Faenza rinascimentale appariva solcata da acque che sfociavano nel Po di Primaro – che oggi è il corso del Reno – per arrivare ai resoconti napoleonici dei comuni brevemente fondati dai giacobini nella foga rivoluzionaria, come quelli microscopici di Sarna e Pergola. L’Archivio di Stato e l’Archivio comunale si presentano al pubblico nella loro nuova sede, in via Antonio Zucchini 29, giovedì alle 16.30, al culmine di una migrazione di milioni di documenti – nel gergo archivistico, che adopera le regole del mezzofondo, i due archivi ne contano un totale pari a oltre cinque chilometri e mezzo, composti di faldoni che si susseguono al ritmo di una decina di centimetri di spessore l’uno – cominciata alcuni anni fa. Fino ad allora l’Archivio di Stato era incuneato nella piccola torre che sormonta la biblioteca: effettuare una consultazione richiedeva doti quasi contorsionistiche; gli archivi comunali erano invece sparsi fra varie sedi, alcune addirittura nel comune veneto di Occhiobello.
La costruzione del nuovo polo archivistico, sul quale spicca il murale dal titolo ‘Astronave Faenza, Archivio’, opera di Monica Cuoghi e Claudio Corsello, in collaborazione con Alessandro ‘Dado’ Ferri, è stata resa possibile grazie agli oneri di urbanizzazione relativi all’area Colombarina, oggetto dieci anni fa di una contesa fra Comune e ambientalisti: il progetto andò in porto, e con il completamento dell’edificio, dalla superficie di mille metri quadri, è cominciata la trasmigrazione dei documenti. Ora gli ultimi mille anni di storia faentina si può dire siano condensati qui, al servizio dei tecnici ma anche degli studiosi (oggetto di ricerche recenti sono state la acquisizioni ballardiniane che consentirono al Comune, a inizio Novecento, di dare vita al Museo delle Ceramiche). Notevoli anche le collezioni di pergamene, circa 2.400, e di mappe, oltre 1.200, le quali già allora documentavano quanto l’idrografia e la gestione delle acque fossero centrali nella vita di chi amministrò Faenza, dall’epoca altomedievale (il documento più antico, un atto di vendita immobiliare da parte del vescovo di Arezzo, scritto in latino, risale al 979) passando per quella comunale, lo Stato Pontificio, la Repubblica Italiana del 1802, la Repubblica Romana, e infine l’Italia monarchica e repubblicana. Da venerdì, il Polo Archivistico Faentino e la Sezione di Archivio di Stato riapriranno al pubblico in pianta stabile: il martedì entrambi gli istituti saranno aperti sia al mattino che al pomeriggio, dalle 8.30 alle 13 e dalle 14 alle 17; il mercoledì e il giovedì sarà aperto solo il Polo Archivistico Faentino, dalle 8.30 alle 13; il venerdì, invece, sarà aperta la sola Sezione di Archivio di Stato, dalle 8.30 alle 13.30. Per accedere ai servizi è consigliata la prenotazione. L’inaugurazione, giovedì alle 16.30, vedrà la presenza della Soprintendente Elena Stefani, al timone della soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Emilia Romagna, della direttrice dell’archivio di Stato di Ravenna e Sezione di Faenza Michela Dolcini, oltre che dell’amministrazione comunale e dei dirigenti coinvolti.
Filippo Donati