Omicidio di Faenza: il giallo delle chiavi che non si trovano

L’ex marito aveva una copia: "Le ho perse". Due anni fa uno strano furto subito in casa aveva preoccupato Ilenia Fabbri per l’assenza di segni di effrazione

Omicidio di Faenza, i rilievi (Foto Zani)

Omicidio di Faenza, i rilievi (Foto Zani)

Faenza (Ravenna), 3 marzo 2021 - Un furto con diversi aspetti che non tornano. E un paio di chiavi che non si trovano. Le indagini sulla morte di Ilenia Fabbri, la 46enne sgozzata il 6 febbraio scorso nel suo appartamento di via Corbara a Faenza, hanno incrociato nuovi inediti aspetti potenzialmente legati alla principale ipotesi investigativa: ovvero che il killer possa essere entrato grazie a un duplicato delle chiavi. Un accesso privilegiato insomma da quella porta del garage al seminterrato trovata aperta, ma senza segni di effrazione, dalla prima Volante al suo arrivo alle 6.20. E qui bisogna tornare indietro fino al 7 febbraio 2019, ironia della sorte quasi il giorno del delitto ma due anni prima: perché Ilenia al tempo aveva riferito a verbale di avere subito un furto in casa proprio quel giorno. Un furto in piena regola, le era parso su due piedi, come aveva lei stessa dichiarato in Commissariato.

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E come peraltro aveva indicato in un cartello appeso fuori dalla casa per scoraggiare le eventuali sortite di altri ladri (“state alla larga qui non c’è nulla da prendere”, circostanza questa riferita dai vicini). Le era tutto chiaro: ignoti malviventi erano cioè entrati nel suo appartamento forzando una porta-finestra che si affaccia su un giardino interno; poi avevano rovistato nei cassetti e se ne erano andati con un cronografo, una penna e un sacchetto contenente bigiotteria varia, quest’ultima in seguito recuperata nel giardino di una vicina. Sì, insomma: il gesto di stizza del ladro non troppo esperto che confonde l’oro con l’ottone o le perle con le palline, salvo poi gettare via tutto non appena realizza l’effettiva natura del maltolto. Qualcosa che aveva rafforzato la sua idea davanti alla polizia. A un certo però le era balenata un’altra idea in testa: che potesse cioè non essersi trattato della sortita di un ladro, sensazione questa che aveva confidato ad alcune persone a lei vicina. Per quali ragioni? Innanzitutto i segni di effrazione: lo scuro esterno senza dubbio li presentava tanto che il fermo in metallo era scivolato a terra: ma la porta-finestra interna era intatta. E poi i soldi: lasciati al loro posto sebbene fossero quasi in bella vista. Infine Ilenia si era domandata: perché mai gli ignoti malviventi, pur passando da un accesso che si affaccia su un giardino, non avevano lasciato pedate sul pavimento? Febbraio mica è agosto: febbraio è un mese umido con il terreno dei giardini costantemente molle.

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Una geometria di elucubrazioni che l’aveva spinta a pensare anche al marito da cui si stava separando, il 53enne Claudio Nanni indagato ora a piede libero per omicidio pluriaggravato in concorso con persona ignota (per le indagini di Sco e squadra Mobile coordinate dal pm Angela Scorza, potrebbe cioè avere incaricato un sicario). Sì, insomma: lui, secondo la donna, aveva ancora le chiavi della casa coniugale sebbene fosse intestata a lei; inoltre lei lo aveva denunciato per maltrattamenti. Certo, ora sappiamo che quella denuncia è stata archiviata (peraltro la 46enne non si era opposta alla richiesta in tal senso della procura).

Ma sappiamo anche che le serrature di casa non sono mai state cambiate: a riferirlo è stata Arianna, la figlia 21enne della vittima sentita subito dopo il delitto. Nel corso dei recenti interrogatori, è emerso pure che per accedere a quell’appartamento di via Corbara, praticamente tutti si servivano della porta del garage e non dell’altro ingresso.

E allora la copia delle chiavi dell’ex marito? La risposta questa volta è arrivata dall’uomo: sentito quando ancora era solo persona informata sui fatti, ha riferito in buona sostanza che lui alla fine della relazione, le sue chiavi le aveva messe in un sacchetto insieme ad altra sua roba tra cui alcuni preziosi. Tuttavia, sempre a suo dire, quando era tornato a prenderlo, non lo aveva più ritrovato quel sacchetto: e tuttora non sa dove possa essere finito. Come dire che le due, forse tre copie di una chiave dello stesso tipo di quella che apre il garage da lui commissionate cinque-sette mesi fa a una ferramenta manfreda, non potevano essere copie buone ad aprire il garage di via Corbara. Il giallo delle chiavi capaci di risolvere il delitto, continua da qui.