
"Ortazzo, riserva naturale. L’area può diventarlo"
Secondo l’Ispra, l’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale, l’area di tutela dell’Ortazzo e dell’Ortazzino, per via del suo unicum con caratteristiche sempre positivamente in evoluzione, meriterebbe di essere ampliata e soprattutto ha tutte le caratteristiche per diventare una Riserva Naturale dello Stato. Inoltre l’Ispra ritiene che vi siano le condizioni affinché l’area di 80 ettari classificata come zona ‘C’ del Parco del Delta venga riclassificata come zona ‘B’ di massima tutela "al fine di garantire la biodiversità nel lungo termine in quanto ciò permetterebbe di perseguire più efficacemente gli obiettivi di conservazione degli habitat e delle specie di interesse nazionale e comunitario presenti nel biotopo". La posizione del massimo Istituto italiano di studio e ricerca in materia ambientale è stata espressa sulla base di tre interrogativi posti a ottobre da Wwf Ravenna, Italia Nostra, Enpa, Oipa e Federazione naturale Pro Natura e inerenti alla valutazione delle odierne caratteristiche ambientali dell’area, alla opportunità della riqualificazione della zona C e all’esistenza dei requisiti per la demanializzazione, riprendendo in questo un risalente cavallo di battaglia di Giorgio Lazzari. L’iniziativa delle associazioni ambientaliste e la risposta di Ispra sono state oggetto di una conferenza stampa nella sede del Wwf e illustrate dalla presidente di Italia Nostra Francesca Santarella. Sulle caratteristiche uniche del comprensorio dell’Ortazzo, Ortazzino e Foce Bevano, Ispra non ha fatto altro che ribadire quanto già è noto e come esso sia "uno dei pochi lembi di territorio costiero dell’Emilia Romagna sopravvissuto" alla cementificazione del litorale negli anni ‘6070 (grazie alle iniziative del Wwf e all’azione giudiziaria del pretore Andreucci), mentre sull’ opportunità della riclassificazione da ‘C’ a ‘B’ di una fetta di 80 ettari ai confini sud, come è noto, ha mostrato recente disponibilità anche la Regione. Il punto più importante del documento Ispra è dato invece dal parere circa la presenza delle condizioni per un processo di demanializzazione (il che significa l’acquisto da parte dello Stato dell’intera area).
Su questo punto Ispra evidenzia come i chiari dell’area in inverno ospitino esemplari di avifauna di importanza nazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar, ovvero oca selvatica, canapiglia, folaga e piviere dorato, mentre tra le specie nidificanti siano presenti la moretta tabaccata, il falco di palude, l’albanella minore, il cavaliere d’Italia, l’avocetta, il gabbiano corallino, la sterna comune, il succiacapre, il martin pescatore e l’averla piccola". Proprio per via di un habitat naturalistico di tale portata, Ispra ritiene che nell’area "non vadano promosse iniziative volte ad incentivare forme di fruizione turistico-ricreative" e "il fatto che i terreni siano di proprietà privata e siano stati oggetto di recenti compravendite tra società" desta "comprensibile preoccupazione" per cui l’acquisizione "da parte del Demanio statale e l’inserimento dell’area all’interno di una Riserva Naturale dello Stato appare essere una misura opportuna per scongiurare iniziative incompatibili con le prioritarie esigenze di tutela del comprensorio".
Le associazioni ambientaliste hanno inviato il documento dell’Ispra al ministero dell’Ambiente, per il fronte demanializzazione, e al presidente della Regione, ai vertici del Parco del Delta e al sindaco di Ravenna per la riclassificazione della zona C. La stessa documentazione è stata inviata per conoscenza alla Procura. Come si sa l’attuale proprietaria, la Cpi Real Estate, ha messo in vendita l’area a un prezzo di un milione e 50mila euro (c’è già un contratto preliminare con una società agricola ferrarese) e quindi il Parco del Delta può esercitare il diritto di prelazione, a fronte però di una somma raddoppiata rispetto a un anno fa quando l’acquisito non fu possibile per mancanza di fondi.