Milano Marittima, giovane palpeggiata in discoteca. "Ora ho paura"

L'aggressore 26enne è a processo per violenza sessuale e lesioni aggravate

Discoteca (foto d'archivio)

Discoteca (foto d'archivio)

Ravenna, 17 ottobre 2018 - «Ho impiegato mesi per riprendermi. Ancora oggi non riesco ad andare in posti affollati, se non con amici che mi facciano sentire protetta. Temo sempre che qualcuno da un momento all’altro possa aggredirmi alle spalle». Aveva 22 anni questa ragazza bolognese quando la serata in uno stabilimento di Milano Marittima per lei si trasformò in un incubo. Era il giorno di San Lorenzo del 2014, mentre ballava in pista con gli amici e il fidanzato uno sconosciuto la afferrò da dietro e cominciò a palpeggiarla con insistenza.

Il responsabile di quell’aggressione, un 26enne, fu poi individuato e denunciato dai carabinieri della compagnia di Cervia Milano Marittima e ora è a processo per violenza sessuale e lesioni aggravate. La prima a parlare, ieri mattina, davanti al tribunale collegale presieduto dal giudice Antonella Guidomei (a latere Beatrice Marini e Andrea Chibelli) è stata proprio la vittima, parte civile con la tutela dell’avvocato Alessandra Aiello. Rispondendo alle domande del Pm Silvia Ziniti, la ragazza ha ricordato quegli istanti terribili quando si ritrovò bloccata da uno sconosciuto che la afferrava per il collo. «Non riuscivo a capire. Col braccio mi teneva ferma, con l’altro mi toccava dappertutto, anche sotto i vestiti e nelle parti intime, con una certa forza. Intervenne il mio ragazzo, che cercò di portarmi via. E quello, per tutta risposta, mi diede un calcio in una coscia. Ero sotto choc e non finivo più di piangere». Aiutata dal fidanzato, la giovane fu portata al sicuro, sopraggiunsero gli addetti alla sicurezza e due carabinieri che si trovavano nel locale in abiti borghesi, i quali le dissero che quella persona la stessa sera aveva già infastidito altre ragazze. Un molestatore seriale, insomma, che poco dopo fu individuato e bloccato.

Di lui la vittima oggi ricorda vagamente le fattezze: «Capelli castani, più alto di me, tarchiato. Sudato, occhi socchiusi, non era lucido. Mi aveva fatto sentire violata nella mia intimità, impossibilitata a ribellarmi. Non si era allontanato neppure quando aveva visto sopraggiungere il mio fidanzato, che me lo ha staccato di dosso». Sempre sentito ieri, l’allora fidanzato ha precisato che per ben due volte aveva dovuto strappare la ragazza dalla presa di quello sconosciuto, perché dopo il primo approccio il secondo fu ancor più veemente. Successivamente la giovane fu medicata al pronto soccorso, dove le furono riscontrati segni sul collo e lividi nella gamba collpita dal calcio, un totale di sette giorni di prognosi. Ma la ferita più grossa era destinata a restarle dentro. In aula ha parlato anche uno dei carabinieri in servizio quella sera, ripercorrendo l’accaduto. L’imputato, ieri difeso dall’avvocato Paola Brighi, non era presente.