"Pannelli fotovoltaici non aderenti al tetto"

L’impianto su un capannone di Alfonsine. Il gestore energetico chiede la restituzione di 146rmila euro di incentivi. Il Tar conferma

"Pannelli fotovoltaici non aderenti al tetto"

"Pannelli fotovoltaici non aderenti al tetto"

L’impianto fotovoltaico su quel capannone di Alfonsine non era stato realizzato con la stessa inclinazione del tetto. Bensì sulla copertura a cupolini grazie a cavalletti e con inclinazione di sette gradi. Una differenza che ai più non dirà nulla ma che in questa singolare vicenda vale quasi 146 mila euro: a tanto ammontano gli incentivi di settore che la Gse spa (gestore servizi energetici) aveva chiesto indietro alla ditta che aveva realizzato l’opera, la Bb Plast srl. Una richiesta che ora il Tar del Lazio ha confermato.

L’impianto in questione ha una potenza di 86,40 kilowatt e la domanda della srl alfonsinese per farsi riconoscere le tariffe incentivanti, è datata settembre 2011. A prevederlo è una norma del maggio di quello stesso anno: e così dalla Gse nell’aprile 2012 arriva disco verde alla tariffa pari a 0,32 euro a kilowatt-ora.

Nell’ottobre di due anni dopo la stessa Gse fa sapere di essere intenzionata a compiere una verifica: tanto che dopo qualche giorno al capannone si presentano i tecnici della Icim spa, gruppo specializzato in consulenze e certificazioni. Il responso arriva a giugno 2015 quando sempre Gse scrive alla srl alfonsinese per informarla del fatto che dal sopralluogo è emerso che l’installazione dell’impianto era stata approvata grazie a una nota al Comune per manutenzione ordinaria: e invece c’è quella struttura inclinata a cavalletti “in difformità alla comunicazione di inizio lavori”. La Bb Plast non ci sta e comunica formalmente alla Gse di avere seguito la procedura prevista per le aree non vincolate e non inserite nei centri storici; e poi il Comune non le aveva contestato nulla: come dire che l’autorizzazione doveva considerarsi valida. La Gse rilancia e nel marzo 2016 interpella l’Unione dei Comuni della Bassa Romagna. La risposta – secondo quanto sintetizzato nella sentenza pubblicata nei giorni scorsi – è netta: la comunicazione preventiva non è “titolo idoneo alla tipologia di installazione eseguita”.

Le conseguenze si manifestano rapidamente: il primo luglio successivo Gse dichiara decaduto il diritto alle tariffe incentivanti. E circa un mese dopo comunica di essere tenuta al recupero degli incentivi “indebitamente percepiti”. Ovvero al centesimo 145.757,33 euro.

A quel punto Bb Plast decide di fare ricorso sia contro i provvedimenti di Gse che contro l’Unione. A suo avviso, dato che l’impianto ha potenza inferiore ai 200 kilowatt, si rientra nel campo dell’edilizia libera: basta cioè una semplice comunicazione al Comune. Inoltre non si è tenuto conto della particolarità del tetto, a cupolini, e del fatto che i pannelli fissati ai cavalletti, non hanno modificato la sagoma della struttura in quanto paralleli. Inoltre il provvedimento di decadenza dagli incentivi adottato più di 18 mesi dopo, mica era arrivato in ragione della scoperta di documenti falsi o di fatti nuovi: come dire che era tardivo.

Per il collegio romano – presieduto dal giudice Elena Stanizzi -, il ricorso è invece infondato proprio perché Gse “ha rilevato che l’impianto non risponde alla descrizione” della norma di settore a causa della “struttura di supporto a cavalletti e con una inclinazione di sette gradi”. Inoltre, “come correttamente evidenziato” dall’Unione, installare panelli fotovoltaici non aderenti al tetto, è equiparabile a una “manutenzione straordinaria”. Cioè alla domanda bisogna allegare “elaborati progettuali sulla conformità” oltre che eventuali permessi di natura paesaggistica. Da ultimo il potere di verifica di Gse: sempre valido. In definitiva, ricorso respinto e srl condannata a pagare 3.000 euro di spese di giudizio.

Andrea Colombari