Parapiglia con arresti al camping dopo il conto

Lido di Dante, famiglia vuole partire, ma il cancello viene chiuso. Il gip non convalida il provvedimento: "Non è sequestro di persona"

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Da una parte una famiglia di turisti stranieri che, dopo un soggiorno sulla riviera ravennate, era in procinto di ripartire. E dall’altra i vertici della struttura che hanno temuto di non ricevere quanto loro spettava. Dal conseguente parapiglia verificatosi nella tarda mattina di giovedì in un camping di Lido di Dante, il ’Classe Village’, erano scaturiti due arresti (di un familiare del gestore della struttura e di un manutentore) oltre a una denuncia a piede libero in concorso del gestore stesso per il medesimo reato: il sequestro di persona (articolo 605 del codice penale). Una configurazione giuridica che, al netto dell’udienza del primo pomeriggio di ieri, è stata ricondotta dal gip Corrado Schiaretti all’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone (articolo 393 del codice penale), reato che non consente l’applicazione di misure cautelari coercitive.

Ovvero niente domiciliari oltre che nessuna convalida degli arrestati - entrambi incensurati e difesi dall’avvocato Leone Spadoni - e tutti subito liberi dopo una notte passata in carcere. Gli atti sono dunque tornati in mano alla procura la quale ora dovrà decidere se e come procedere con l’azione penale.

La vicenda si è innescata quando la famiglia di turisti in questione - padre, madre e bimbi - ha fatto per andarsene. A quel punto dalla reception sarebbe in buona sostanza stato fatto presente che la prenotazione con caparra era fino all’indomani e che quindi avrebbero dovuto pagare anche quell’ultimo giorno. La situazione di stallo si è palesata quando i turisti hanno insistito per sostenere che così non era affatto, facendo comunque presente che in tasca avevano circa 200 euro ancora per tornare a casa: se insomma avessero pagato spese non previste, non ce l’avrebbero fatta. Ma ciò che su due piedi ha fatto contestare alle forze dell’ordine intervenute sul posto il sequestro di persona, è stata una circostanza precisa: il cancello era stato chiuso ad hoc su input presumibilmente partito al telefono dal gestore ed eseguito dai due uomini poi arrestati.

La difesa ha in sintesi fatto presente che a chiamare i carabinieri, erano stai quelli del camping; e che il cancello sarebbe stato chiuso per l’incolumità degli altri avventori: per impedire cioè che da lì potessero entrare persone a dare man forte a quegli stranieri sul piede di guerra. Sempre la difesa ha infine sostenuto che il camping aveva almeno altri due ingressi aperti e dai quali in quegli stessi momenti, erano transitati alcuni camper.