ANDREA COLOMBARI
Cronaca

Parrucchiera cieca assolta anche in appello

Dopo 12 anni dalla sentenza di primo grado, i giudici hanno ribadito che la donna non stava mentendo sulla sua condizione

In uno dei video, girati di nascosto dalla Finanza lughese, si vede la parrucchiera andare in bicicletta

In uno dei video, girati di nascosto dalla Finanza lughese, si vede la parrucchiera andare in bicicletta

Nei video girati di nascosto nell’autunno 2011 dalla guardia di Finanza lughese, sebbene ufficialmente cieca, la si vedeva attraversare la strada, indicare articoli nel giornale, fare la spesa al mercato, lavorare nel suo salone di bellezza di Lugo e persino di girare in bicicletta. Per questo, dopo essere stata denunciata, le erano state tolte le indennità per la cecità totale e per l’accompagnamento che percepiva da diversi anni. Peccato però, come avrebbe poi stabilito una perizia, che la donna presentava elettroretinogramma piatto: il che significava che era cieca allo stesso modo in cui un elettrocardiogramma piatto significherebbe che è morta.

E dopo l’assoluzione piena nell’ottobre 2013 davanti al gup di Ravenna "perché il fatto non sussiste", la parrucchiera lughese, difesa dagli avvocati Michele Lombini ed Erica Appi, ha nei giorni scorsi incassato identico risultato dalla corte d’appello a Bologna. La procura generale ne aveva chiesto la condanna, come invocato nell’atto d’appello dalla procura di Ravenna e dalla parte civile, l’Inps, la quale dovrà ora dovrà sostenere le spese del procedimento e quelle legali. Per i giudici felsinei, il fatto dal punto di vista tecnico, è insomma chiaro.

Sono passati quasi 12 anni dalla sentenza di primo grado: nel frattempo l’imputata - che oggi ha 76 anni - è andata in pensione. E il reato contestato - la truffa aggravata in quanto ai danni dello Stato - è andato prescritto anche se la presenza di una parte civile ha indotto i giudici a esprimersi comunque nel merito.

La svolta nel caso era arrivata quando l’allora gup Piervittorio Farinella aveva affidato una perizia al professor Pasquale Troiano, lo specialista del policlinico di Milano noto tra le altre cose per avere preso parte alla visita fiscale inviata a suo tempo all’ex premier Silvio Berlusconi. Nello specifico, secondo il perito, dalla retina della donna non arriva nessun segnale alla corteccia. La condizione - come hanno più volte sostenuto gli avvocati difensori - si chiama retinite pigmentosa e causa una progressiva perdita della vista, spesso iniziando con difficoltà nella visione notturna e restringimento del campo visivo. A un certo punto è un po’ come se ci si affacciasse al mondo attraverso il buco di una cannuccia.

In primo grado l’allora pm Isabella Cavallari aveva chiesto la condanna della parrucchiera a un anno di reclusione e a 500 euro di multa perché le immagini registrate mostravano a suo avviso attività delle signora palesemente incompatibili con la cecità. E l’Inps aveva reclamato la restituzione dei 43 mila euro a suo parere percipiti in maniera indebita. Considerazioni che si erano infrante prima contro l’assoluzione del gup e ora contro l’assoluzione in appello.

Il caso aveva conosciuto uno strascico anche davanti alla sezione Lavoro. Tanto che nel febbraio del 2015 pure la specifica corte d’appello aveva nuovamente dato ragione alla parrucchiera lughese: era effettivamente cieca.

Andrea Colombari