"Picchia i marocchini, tornino a casa" Padre nei guai dopo pomeriggio di follia

Un 42enne accusato di minaccia e istigazione a delinquere per motivi razziali. Nel mirino due ragazzini

"Picchia i marocchini, tornino a casa"  Padre nei guai dopo pomeriggio di follia

"Picchia i marocchini, tornino a casa" Padre nei guai dopo pomeriggio di follia

"Se fossi stato in mio figlio vi avrei già tagliato la gola. Vi taglio la gola, vi squarto". E ancora: "Picchia i marocchini, loro devono tornare a casa. Il Marocco non è qua". Queste sono solo alcune delle frasi per le quali un 42enne di origine partenopea, difeso dall’avvocato Raffaella Salsano, è finito a processo per minaccia e propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa. I fatti sarebbero accaduti in Bassa Romagna.

Ieri in tribunale a Ravenna, davanti al giudice Tommaso Paone e al vice procuratore onorario Marianna Piccoli, a raccontare la vicenda sono stati due fratelli di origine marocchina, uno di 15 e uno di 14 anni, tutelati dall’avvocato Matteo Paruscio del Foro di Rimini con il quale i genitori si sono costituiti parte civile.

Il maggiore è stato il primo a tornare con la memoria a quel 14 settembre 2021, giorno all’inizio della scuola, quando insieme al fratello più piccolo all’uscita dalle lezioni in un istituto della Bassa Romagna si è ritrovato davanti il figlio del 42enne imputato. "Ci ha chiesto perché lo seguivamo ma noi abbiamo risposto che non lo stavamo seguendo e che la strada è pubblica – ha iniziato il 15enne –. A un certo punto è arrivata la madre di lui che ha cominciato con insulti razzisti e diceva “Cosa volete da mio figlio?”". La donna avrebbe poi raggiunto i due fratelli con l’auto e insieme al figlio li avrebbe di nuovo insultati. "Poi siamo andati a casa – ha continuato il ragazzino – e dopo dieci minuti il padre è arrivato con il figlio a bussare alla porta di casa nostra. Mia madre non voleva aprire perché aveva paura. Lui è rimasto lì mezz’ora, poi se ne è andato".

Sembrava tutto finito ma così non è stato perché, una volta usciti insieme a un amico connazionale, i due fratelli si sono ritrovati il 42enne padre del coetaneo, alla guida di un furgone vicino a un bar. "Eravamo sul marciapiede e ci ha tagliato la strada, fermandosi davanti a noi, se non ci allontanavamo probabilmente ci avrebbe preso sotto. Subito ci ha chiesto che cos’era successo con il figlio e perché avevamo insultato lui e la moglie. Noi abbiamo risposto che non era vero e allora lui ha detto: “Se fossi stato in mio figlio vi avrei già tagliato la gola, salite sul furgone con me”. Noi abbiamo rifiutato e lui se ne è andato". Ma dopo un po’, vicino al cimitero del paese, i tre amici si sono visti arrivare il furgone con a bordo il 42enne e il figlio: "Sono scesi entrambi e il figlio mi ha dato un calcio. A quel punto il padre ha detto al figlio di prendere un martello dal furgone ma lui non lo trovava ed è arrivato con un manico di scopa". Il fratello 14enne ha raccontato che il ragazzino "ha iniziato anche a piangere, non voleva picchiarci ma il padre gli diceva: “Picchia i marocchini, loro devono tornare a casa. Il Marocco non è qua”. E ancora: ”Noi siamo napoletani, siamo più forti. Adesso fate a butte con mio figlio”". A quel punto il 15enne è scappato fin dentro il cimitero dove ha incontrato "un signore che è venuto ad aiutarci e a calmare le acque. Eravamo molto impauriti e il mio amico ha chiamato la polizia". Sui pregressi tra lui e il figlio dell’imputato il 15enne ha raccontato che "avevamo litigato con lui, non volevamo più uscirci perché non ci stava tanto simpatico e a volte ci dava fastidio quando uscivamo insieme". Insomma, a quanto riferito dai due fratelli, non ci sarebbe stato nessuno screzio particolare. Ora la parola passerà a un altro testimone dell’accusa e all’imputato.

Milena Montefiori