«Così potrà rinascere la pineta devastata»

Milano Marittima, intervista all’esperto Paolo Rigoni

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Milano Marittima, 13 luglio 2019 - LA biodiversità dopo il cataclisma. Paolo Rigoni, tra i maggiori esperti forestali nell’ambito della pianificazione ambientale, guarda già oltre i contorni del disastro consumatosi nella pineta di Cervia e Milano Marittima a causa della tromba d’aria di mercoledì.

Rigoni, cosa è prioritario fare oggi in pineta?

«Innanzitutto sgombrare le aree colpite dagli alberi e dai rami caduti, per evitare che si popolino di insetti in grado poi di attaccare le piante rimaste in piedi. Poi occorrerà prendersi cura di quelle specie che vivono all’ombra dei pini. Piante di sottobosco quali il pungitopo potrebbero essere messe in difficoltà dal maggiore irraggiamento. Altre, come il rovo, non tarderanno invece a espandersi nelle aree private dalla vegetazione. La presenza di una copertura arborea più frammentata avvantaggerà probabilmente le specie di margine».

I pini avranno vita dura dinanzi al probabile intensificarsi di fenomeni estremi?

«Probabilmente sì. Ma sostituire pini marittimi e pini domestici con specie di altro tipo non è pensabile: le pinete ravennati sono per la Ue di interesse comunitario prioritario. Questo non significa che non possano esser apportati accorgimenti. Parliamo di un ambiente fragile per natura: terreni sabbiosi, falde vicine al livello di campagna. Però le specie di latifoglie - come la farnia, l’acero campestre, l’olmo, il frassino meridionale - sono notoriamente più resistenti, anche dinanzi al rischio di sommersione o a eventi quali gli incendi, e dunque potrebbero trovare maggiore spazio in pineta, eventualmente creando come delle cortine nei punti in cui i pini sono esposti ai venti. Ma raffiche come quelle di mercoledì difficilmente lasciano scampo».

La pineta tornerà come prima?

«Quanto accaduto può essere l’occasione per creare maggior equilibrio ambientale, maggiore biodiversità. Dobbiamo ricordare che la pineta è un ambiente evolutosi molto nel tempo. I romani, quando arrivarono, trovarono una costa diversissima, ma che probabilmente contava pini neri e silvestri, oggi tipici di altri areali».

Quindi che fare?

«Credo anzi che in alcune delle aree maggiormente colpite potrebbero essere mantenute delle aperture tra la pineta, in modo da agevolare specie tipiche dell’alto Adriatico che da queste parti col tempo sono diventate rarissime. In natura, dopo un evento calamitoso, non tutto deve necessariamente tornare «dov’era e com’era»».

Filippo Donati