"Poca igiene e cibo scarso, in cucina volavano coltelli"

Il racconto di una donna di Varese, imputata di insolvenza fraudolenta per non avere pagato per intero il soggiorno estivo in una struttura di Tagliata

Bagni rotti, camere sporche, pranzo e cena scarsi. Al punto che a un certo punto una famiglia di Busto Arsizio, in provincia di Varese, aveva deciso di abbandonare quell’albergo di Tagliata, dove fino all’anno prima si erano trovati bene, e finire la vacanza estiva in un’altra struttura. Ma se n’erano andati non saldando il conto, o quanto meno ritenendo di avere già pagato a sufficienza con la caparra iniziale. Per questo ora due donne si trovano a processo per insolvenza fraudolenta, nonché furto, perché l’albergatore le accusava anche di aver portato via suppellettili. Ieri, davanti al giudice Federica Lipovscek, ha parlato una delle imputate, difesa dall’avvocato Amanda Gullotta, mentre l’albergatore non si è costituito parte civile. Fatti collocati a cavallo di luglio e agosto del 2018.

La donna ha riferito delle pessime condizioni igieniche in cui versava la struttura: "Dopo un po’ di giorni – ha spiegato – non ci rifacevano più la camere. Ci lamentammo con l’albergatore che dovette svegliare la donna delle pulizia, dedita all’alcol". La stessa famiglia anche l’anno prima aveva trascorso le vacanze cervesi nella stessa struttura e si era trovata bene. Ma alla stagione successiva l’avrebbe trovata in condizioni disarmanti. "La porta antipanico era chiusa con un catenaccio, per cui potevamo rientrare da un porta al piano di sotto, ma in caso di necessità durante la notte non saremmo potuti uscire e mio figlio una volta ebbe una crisi di pianto".

L’imputata riferisce anche di frequenti liti in cucina, addirittura "con lancio di coltelli tra il personale", inoltre a proprio dire anche i pasti, in regime di pensione completa, erano scarsi: "Non c’era da mangiare per tutti". Così, una sera, dopo l’ennesima parca cena, decisero di andarsene. "Era la sera dell’11 agosto – ha precisato l’imputata – ed eravamo arrivati il 28 luglio. Il nostro soggiorno avrebbe dovuto terminare il 14 agosto, ma a quel punto era troppo. Il titolare non c’era, così ci limitammo a comunicare la decisione al personale presente. Non finimmo lì la nostra vacanza, ma fummo ospitati da un’hotel vicino per i restanti giorni". La donna ha spiegato per quel soggiorno avevano speso mille euro e ritenevano di non dovere più alcunché all’hotel. L’albergatore, di diverso avviso, lamenta un ammanco di almeno una somma equivalente. Nei giorni successivi, sempre stando a quanto dichiarato dall’imputata in sede di esame, lo stesso avrebbe inseguito quella famiglia lombarda, ritenuta insolvente, "sia nella nuova struttura e persino in spiaggia, dove una volta fu allontanato perché creava disturbo".

Partirono denunce incrociate, mentre la famiglia già l’8 agosto, quindi tre giorni prima di fare le valigie, aveva sporto una denuncia presso l’ufficio turismo di Tagliata, dove avrebbero confermato che avevano già ricevuto lamentele a riguardo di quella struttura. In un’altra circostanza avevano chiamato i carabinieri. Un’altra testimone chiamata dall’accusa ha confermato che in quell’hotel le condizioni di igiene non sarebbero state ottimali. Prossima udienza ad aprile, con probabile sentenza.

Lorenzo Priviato