Podestà, rinasce un palazzo dalle mille vite

Lo storico edificio ospitò il gioco del pallone già nel ’500. Fu scuola, caserma napoleonica e infine palestra di lotta e basket. E oggi riapre

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Dopo i lunghi lavori – investiti un milione e mezzo dei quali metà di contributi regionali – riapre stasera alle 18.30, come anteprima di Argillà, il Palazzo del Podestà, chiuso da decenni. Si tiene l’inaugurazione del padiglione della European Route of Ceramics che presenta le mostre ’Polonia e Norvegia nella Strada Europea della Ceramica’ e ’Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa in Italia’. Srarà inoltre proiettato il video ’La Strada Europea oltre l’Europa: relazioni tra Europa e Cina nel segno della ceramica. Jingdezhen: là dove tutto è cominciato…’.

Inserito nel Piano strategico del centro storico del 2004, nell’ottica (non completamente ancora conseguita) di restituire decoro e funzionalità al cuore della città, la ristrutturazione del palazzo del Podestà è finalmente giunta a compimento e chiaro e scontato appare lo scenario di utilizzo, ovvero quello culturale. Certo che a ripercorrere i suoi quasi novecento anni di vita, emerge una storia insieme singolare e tormentata, fra continui rimaneggiamenti strutturali e capovolgimenti sul fronte dell’utilizzo che va dall’originaria funzione governativa e ‘giudiziaria’ al gioco del pallone, da teatro settecentesco a camerata per le truppe pontificie, da aule scolastiche a palestra per la lotta greco-romana, fino alle manifestazioni culturali degli anni ottanta e novanta del secolo scorso. Storia antica che emerge da testi come ‘Il palazzo del Podestà’ (Andrea Dari, Edit Faenza) e ‘Il palazzo del Podestà e la piazza delle Erbe’ (Stefano Saviotti, Ponte Vecchio Cesena, in uscita a fine anno) e cronaca dell’ultimo mezzo secolo restituita dagli archivi dei quotidiani locali.

A dar notizia che nell’ampio salone del palazzo, dismessa la funzione originaria con la devoluzione della città allo stato Pontificio, si giocava al pallone fu il cronista faentino Bernardino Azzurrini che data l’incontro fra otto giovani faentini divisi in due squadre al 1502 allorché un nipote del re di Spagna venne in visita a Faenza. "Vinsero quelli di porta Ravegnana dalle scuffie gialle e rosse". Partite che probabilmente si ripeterono nel tempo fino al 1674 quando il salone fu ceduto all’Accademia dei Remoti allo scopo di trasformarlo in teatro. Ma fu solo nel 1714 che l’architetto Carlo Cesare Scaletta ne ebbe l’incarico e realizzò tre ordini di palchi. Il 21 giugno 1723 ci fu l’inaugurazione con un’opera lirica e un intermezzo comico. Quando, decenni dopo, giunse il tempo di riammodernare e ampliare la struttura, la scelta puntò su un nuovo teatro, il Masini, mentre il salone del Podestà, tolti i palchi, fu trasformato in aule per le scuole pubbliche. Che rimasero operative fino al 1794 quando lì si acquartierarono i rinforzi di truppe pontificie: un inutile tentativo del Papa di arginare i francesi di Napoleone che nel 1797 occuparono la città. Ma quando nel 1814 le truppe del Papa tornarono in Romagna, di nuovo si impossessarono del palazzo per trasformarlo in caserma. Nel 1868 il Salone venne affittato alla locale Società Filodrammatica e dal 1895 al 1900 all’Unione Popolare a scopo ricreativo. Verso la fine del ventennio fascista il palazzo e l’area adiacente, tutta edificata, entrarono nel mirino ‘urbanistico’ dello stesso Mussolini cui sostanzialmente si deve l’avvio degli sventramenti retrostanti. Nel marzo del 1933 con delibera del podestà la funzione del salone cambiò nuovamente, l’ampio spazio tornò ad essere occupato dall’attività sportiva, un sostanziale ritorno a quattro secoli prima: fu infatti concesso in affitto alla società Faenza Sportiva, sfrattata dalla vicina sede finita sotto il piccone degli sventramenti, che la usò come palestra per la lotta. Nel 1943 la società occupò anche spazi attigui su corso Saffi in uso all’Enal, mentre nel 1949 la nuova società, il Club Atletico Faenza, adibì il salone anche a palestra per la pallacanestro. Fra il 1946 e il ’47 alcune stanze in uso all’Enal furono concesse alla scuola comunale di musica che lì è rimasta fino a tutti gli anni 70.

Nel frattempo l’ampio salone era assurto alle cronache nazionali sportive perché lì (e a volte anche nel teatro Masini) negli anni Cinquanta si svolgevano gli incontri internazionali di lotta greco-romana. E si arriva così alla notte del 23 settembre 1958 quando nella palestra di lotta scoppiò un incendio che distrusse tutto il prezioso materiale della società, coppe, divise e documenti degli atleti: occorsero dieci anni all’indimenticato Napoleone Meinardi per ricostruire l’archivio. Rimediati alla meglio i danni alle strutture, nel 1968 il salone era ancora in uso all’Enal come palestra (nel frattempo era sorto il palazzo dello sport ‘Bubani’, inaugurato nel 1961). Nel 1978 iniziarono lavori di ristrutturazione del salone e fra questi anche la sostituzione di quattro capriate bruciacchiate dall’incendio: il proposito dell’Amministrazione comunale era quello di adibire l’immenso spazio a museo a carattere speleologico e ornitologico.

Ma le nuove normative nazionali in tema di sicurezza finirono con il bloccare ogni iniziativa in tal senso. Negli anni 80 comunque il salone del Podestà è stato utilizzato per mostre di pittura: luglio 1982, mostra ‘Faenza 82-Primato dell’Artista’, novembre ’88, grande mostra antologica dell’artista faentina Gianna Boschi curata da Franco Solmi, Marcella Vitali e Pietro Lenzini. Nel giugno del 1995 il salone fu occupato dalla maiolica faentina nell’ambito della tradizionale manifestazione ‘Estate Ceramica’

. Carlo Raggi