Poggiali da record: terza volta in Cassazione

L’ex infermiera di Lugo, assolta tre volte per le morti sospette in corsia, rischia un quarto processo in Corte d’appello: decisione a gennaio

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Mai come in questo caso la storia di un’indagine è diventata la storia di un processo. Una vicenda giudiziaria più unica che rara insomma il cui prossimo passaggio è stato fissato al 24 gennaio. Perché è quel giorno che a Roma i giudici prenderanno una decisione importantissima su quanto accaduto a Ravenna otto anni fa. Per la precisione l’8 aprile del 2014 quando all’ospedale ‘Umberto I’ di Lugo la paziente 78enne Rosa Calderoni di Russi morì a poche ore dal ricovero. Due sono le strade percorribili: i giudici romani confermano l’assoluzione, facendola diventare definitiva. Oppure decidono per un ulteriore appello, spedendo il caso dritto dritto sui libri di storia. Perché, almeno per il reato qui contestato (omicidio pluriaggravato compiuto con iniezione di potassio) non è mai accaduto che un processo tornasse per la quarta volta in appello.

L’imputata, la 49enne ex infermiera Daniela Poggiali, le tre volte precedenti a Bologna era stata sempre assolta a fronte della condanna all’ergastolo in primo grado. Assolta e, la prima volta, pure scarcerata dopo 1.003 giorni trascorsi in cella. Anche l’ultima volta, a fine ottobre, era stata assolta e scarcerata. Ma in quella occasione lei si trovava dentro per la morte di un altro paziente: il 94enne Massimo Montanari, deceduto sempre a Lugo il 12 marzo del 2014 alla vigilia delle dimissioni dall’ospedale. Una doppia assoluzione insomma che per il caso Calderoni arrivava dopo l’annullamento dell’assoluzione-bis in Cassazione. E per Montanari arrivava dopo la condanna a 30 anni in abbreviato irrogata a metà dicembre 2020 dal gup di Ravenna a cui era seguita la carcerazione cautelare. E pure l’assoluzione Montanari è stata caratterizzata da un aspetto singolare: la procura generale di Bologna non l’ha impugnata facendola diventare definitiva già la scorsa primavera. Al di là di cosa sia accaduto al paziente, è una rarità il fatto che non venga proposto ricorso contro un’assoluzione in appello specie se preceduta da una condanna in primo grado. E così a un certo punto in molti hanno pensato che pure per il caso Calderoni la strada potesse essere la stessa anche alla luce di una frase liquidatoria messa nero su bianco dalla corte bolognese: "Ora, dopo sette anni, si può dire con assoluta certezza che non esistono uccisioni avvenute in passato o morti causate dalla Poggiali". E invece questa volta ecco il dettagliato ricorso della procura generale per via di quelli che sono stati definiti "numerosi travisamenti dei dati di fatto".

La reazione della difesa non si è fatta attendere: "Si tratta della terza sentenza assolutoria in appello, come le due precedenti con la formula più ampia, perché il fatto non sussiste – hanno puntualizzato a suo tempo in una nota gli avvocati Alessandro Gamberini, Gaetano Insolera e Lorenzo Valgimigli. – Un nuovo ricorso dopo che ben 18 giudici di merito in grado di appello hanno deciso per l’innocenza, non tiene conto del principio costituzionale che impone una ragionevole durata del processo. Una vicenda processuale di questo tipo è, a nostra conoscenza, senza precedenti".

Andrea Colombari